Libero, 6 novembre 2016
Niente soldi americani per Mps. A rischio fregatura tutti i bond
Le sorti del Montepaschi dipendono dal referendum. Lo scrive il consiglio d’amministrazione nei documenti per l’assemblea del 24 novembre. I soci, oltre a deliberare il terzo aumento di capitale in tre anni dovranno nominare il nuovo presidente al posto del dimissionario Massimo Tononi (in pole position Alessandro Falciai)
La relazione spiega che i sondaggi effettuati dall’amministratore delegato Marco Morelli e da Jp Morgan sono falliti. Gli investitori stranieri non si fidano del risultato del referendum. Se dovesse vincere il No scoppierebbe il tumulto sui mercati e i titoli italiani sarebbero nel mirino. Meglio stare lontani. Volendo fare un po’ di dietrologia si potrebbe affermare che è un po’ sospetto il fatto che a esplicitare la minaccia sia un gruppo bancario toscano tradizionalmente vicino al Pci e a tutti i suoi eredi compreso il Pd guidato da Renzi. Tuttavia il gioco dei sospetti non porta lontano. Mps venerdì ha perso in Borsa il 10% perché le carte pubblicate da Mps erano esplicite: niente investimenti stranieri in Italia fino al 5 dicembre e probabile fuga se il voto dovesse aprire una fase di instabilità politica. D’altronde lo spread che punta verso quota 160 e le cadute di Piazza Affari degli ultimi giorni confermano questa analisi a prescindere da Mps. È vero che minacce altrettanto apocalittiche in Gran Bretagna non hanno impedito la vittoria della Brexit. Purtroppo la situazione finanziaria dell’Italia è molto più fragile che nel Regno Unito e il consiglio d’amministrazione di Mps non ha niente per spegnere le tensioni. Anzi lancia una bomba atomica su tutto il sistema finanziario nazionale. Annuncia la conversione delle obbligazioni senior nel caso in cui non riuscisse a trovare altrimenti i cinque miliardi che servono. Ora bisogna tenere presente che le emissioni cui si riferiscono Marco Morelli e il consiglio sono quelle che, in caso di bail in cadono per ultime. Metterle subito in gioco significa scatenare il panico perché il loro coinvolgimento lascia immaginare il Monte all’ultima spiaggia: o gli obbligazionisti, sia subordinati sia senior, accettano il sacrificio o sarà peggio per tutti. Non è proprio rassicurante considerando che il Monte ha circa 21 miliardi di euro di bond in circolazione. Di questi, circa 15 miliardi sono titoli «senior» e ben 14 sono collocati presso i risparmiatori. Coinvolgerli significherebbe dichiarare che Mps, terza banca italiana, è a un passo dall’insolvenza. Dopo chi potrebbe più fidarsi dell’Italia? L’onda lunga inevitabilmente arriverebbe fino ai Btp.
A Siena spiegano che l’allineamento dei bond senior è molto remoto. Tuttavia il consiglio l’ha scritto nella relazione all’assemblea. Certo non è da escludere che i destinatari non siano i risparmiatori ma Renzi e Padoan. Che si diano una mossa per trovare una soluzione. Lo tsunami scatenato da Mps potrebbe destabilizzare anche il debito pubblico. Un rischio che nessun governo può correre.
Ma anche senza arrivare all’apocalisse non c’è dubbio che il problema delle banche condizionerà Renzi anche in caso di vittoria al referendum. La fusione fra Vento Banca e Banca Popolare di Vicenza richiederà un aumento di capitale e Atlante non ha munizioni sufficienti se vuole finanziare Atlante 2. Poi: se anche Ubi prendesse Carichieti, Banca Marche ed Etruria lascerà nei conti del Fondo di risoluzione un buco forse di 700 milioni. Chi copre? Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa, è stato chiaro: il suo gruppo ha già dato il sangue. Un miliardo ad Atlante e più di 400 milioni al Fondo di risoluzione. Nessuno può chiedergli di più. Le risorse per salvare le banche italiane non possono, quindi, che arrivare dall’estero. Però Bnp e Credit Agricole quando sono state chiamate per Atlante hanno declinato. Hanno confermato, indirettamente, quanto dicono a Mps: tutti fermi fino al 4 dicembre. Poi si vede.