Il Sole 24 Ore, 5 novembre 2016
«La Brexit non si fermerà». Intervista a Vernon Bogdanor
«No, la Brexit non si ferma. Per ribaltare la volontà popolare espressa il 23 giugno sarebbe necessario un altro referendum». Vernon Bogdanor, 73 anni, ex docente di David Cameron al Brasenose College di Oxford, considerato uno dei massimi esperti di storia della Costituzione ridimensiona le speranze dei remainers per la sentenza emessa dall’Alta Corte.
«Le conseguenze sono state enfatizzate, tutt’al più ci sarà qualche ritardo nella tempistica. Credo che la Suprema Corte riformerà il verdetto perché l’esecutivo ha buoni argomenti».
Qual è il signficato della sentenza? Il giurista David Allen Green sul Financial Times ha sostenuto che la Corte ha considerato l’impatto dell’addio alla Ue per i diritti dei cittadini britannici.
È corretto. L’adesione alla Ue ha conferito nuovi diritti ai cittadini del Regno Unito, parte del verdetto va letto in questa chiave. La conseguenza è che sarà necessario un atto del Parlamento con dibattito, voto e possibili emendamenti. Deputati e Lord cercheranno di orientare la posizione del governo.
La sentenza riafferma che il referendum è consultivo...
Sì, ma in pratica non può essere ignorato perché i deputati si sentono vincolati dalla volontà popolare. Quanto ai Lord c’è chi sostiene che non essendo Camera elettiva non possa interferire troppo. Il Parlamento cercherà di spingere l’esecutivo verso la cosiddetta soft Brexit (lo scenario che implica la prosecuzione della membership al mercato interno, ndr). Non dimentichiamoci che l’elettorato ha votato la Brexit in primo luogo per frenare l’immigrazione Ue. E pur di ottenerlo è disposta a pagare un prezzo.
In realtà il mercato unico non è mai rientrato nel quesito del referendum. È stato il governo a legare la Brexit all’uscita dal mercato interno. Crede che ci sia un ripensamento nell’opinione pubblica?
Non c’è alcun rimorso, anzi i sondaggi dicono che la maggioranza dei brexiters è cresciuta sulla scorta di una congiuntura economica più clemente del previsto. Il cambio di opinione nel Regno Unito maturerà solo quando la Ue rivedrà le regole sulla libera circolazione dei lavoratori. Potrebbe accadere, se Merkel e Renzi dovessero lasciare la scena politica e se in Francia dovessero vincere Sarkozy o Juppé.
Nel Regno Unito il potere giudiziario ha sempre avuto meno spazio di quello esecutivo o del Parlamento. La sentenza di giovedì cambia gli equilibri?
Il potere giudiziario sta guadagnando peso. Il motivo va ricercato proprio nell’adesione alla Ue che ha creato una sorta di “giudiziarizzazione” della politica. E anche nell’adesione all’Human rights act del 1988, che ha spinto i tribunali verso un attivismo senza precedenti.
Crede anche lei che elezioni anticipate siano un passaggio inevitabile?
Non è l’esito più probabile, ma è una possibilità più concreta di prima. Se il Parlamento si metterà di traverso, ostacolando il cammino dell’esecutivo si andrà alle urne. Si andrà, cioè, verso una vittoria schiacciante dei Tory brexiters. Il côté europeista del Labour sarà cancellato. I remainers giocano col fuoco se pensano davvero di poter dilatare eccessivamente i tempi della separazione anglo-europea.