La Stampa, 5 novembre 2016
La crisi è alle spalle, ma le tasse alte frenano ancora la corsa del mattone
Chi le case le vende e le compra per mestiere festeggia – ma con grande moderazione – i dati positivi del mercato immobiliare. Le compravendite tornano a crescere, ma i numeri record del 2006 restano e resteranno lontanissimi, così come i prezzi record del 2007. Perché, spiegano gli addetti ai lavori, il mercato immobiliare di oggi è «completamente diverso». E condizionato soprattutto dal forte prelievo fiscale sugli immobili. Fa eccezione, come quasi sempre, il mercato delle case di lusso, che opera però con regole diverse.
Paolo Righi è presidente della Fiaip, la Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali, cui aderiscono 12mila agenzie e più di 50mila operatori. «Sono tre i fattori esterni che spingono la voglia di casa – spiega – i tassi d’interesse molto bassi, la sfiducia in altri investimenti finanziari, dopo le tristi vicende delle banche, e i prezzi degli immobili, sempre convenienti». E così chi può torna a comprare, «soprattutto “prime case”, che sono la grande maggioranza degli acquisti». Gli acquirenti le intestano come “prime case” a tutti i figli che hanno sotto mano. Si fanno affari soprattutto nei centri delle città, mentre le periferie urbane in generale sono ferme.
Buone notizie, spiega il presidente Fiaip, «ma non è l’avvio di un boom: la tassazione è troppo alta, e gli investitori grossi, specie per locazione, non vengono e non comprano». Righi però avverte che nel centro Italia per qualche mese bisogna attendersi una frenata nelle vendite. «Colpa dei terremoti – spiega – da agosto i potenziali acquirenti vogliono sapere se le case sono costruite con criteri antisismici. Lo stesso fenomeno, temporaneo, avvenne dopo il terremoto in Emilia del 2012».
«Il peggio è certo alle nostre spalle – afferma Maurizio Pezzetta, vicepresidente della Fimaa Italia (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) – ma bisogna capire che il mercato immobiliare è ormai profondamente trasformato», Pezzetta snocciola i numeri delle compravendite di immobili residenziali calcolati dall’Agenzia delle Entrate: erano 845mila nel 2006, sono scesi al minimo nel 2013 a 403mila. «È il 2014 l’anno in cui si è invertita la tendenza – prosegue – con 417mila operazioni, salite nel 2015 a 425mila. Quest’anno potremmo arrivare a 500mila». Buono, ma lontano dai numeri di una volta. Si apre dunque un ciclo di nove-dieci anni di mercato in crescita, ma anche la crescita dei prezzi sarà «molto tenue», e difficilmente si tornerà ai livelli record segnati nel 2007. «È un mercato del tutto diverso – continua – nel 2006 la pressione fiscale era molto più bassa, rispetto a quell’epoca su certi immobili è triplicata. Spero che il governo si renda conto che gli immobili sono un volano dell’economia, e che sono stati trattati dallo Stato in modo persecutorio e come un bancomat». 300mila compravendite in più all’anno, conclude il vicepresidente Fimaa, avrebbero portato «una montagna di entrate fiscali, tra Iva, imposta di registro, catastale e ipotecaria».
Sulla stessa linea c’è anche Alberto Maria Lunghini, patron di Reddy’s Group, una società di consulenza immobiliare milanese che opera in Italia e in Europa. «In realtà la crisi è finita nel 2014 – spiega – quest’anno prevediamo si possa arrivare a 500mila compravendite residenziali, circa il 20% in più. Crediamo che i prezzi si stabilizzeranno, tranne nelle aree come le periferie urbane, dove c’è eccesso di invenduto. Nel 2017-2018 ricominceranno a salire un po’, a macchia di leopardo. con variazioni da zona a zona». Ma c’è un rischio a minacciare la ripresa del mercato: con la deflazione, la domanda di case come bene rifugio difficilmente riprenderà.