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 2016  novembre 07 Lunedì calendario

Il testamento di Mitterrand. Un monito per l’Europa

Nel 1995, prima di lasciare l’Eliseo, l’allora presidente francese François Mitterrand pronunciò dinanzi al Parlamento europeo un discorso. Ammonì i deputati: «Il nazionalismo è la guerra!». Si riferiva all’esperienza europea e le sue parole suonano oggi particolarmente attuali. Il suo consigliere Jacques Attali ha appena pubblicato un libro «Vivement après-demain!» nel quale analizza i rischi di un nuovo conflitto mondiale. Non voglio chiederle previsioni. Piuttosto, ha suggerimenti per un giovane d’oggi?
Piero Heinze Bruxelles

Caro Heinze,
I l discorso che François Mitterrand pronunciò al Parlamento di Strasburgo il 17 gennaio 1995 fu il suo testamento. Era ancora presidente della Repubblica francese, ma avrebbe concluso il suo secondo mandato quattro mesi dopo. Parlò con forza, con eleganza e con tutte le doti oratorie di cui era capace, ma il suo corpo era minato da un cancro di cui la Francia apprese l’esistenza soltanto pochi mesi prima della morte, l’8 gennaio 1996. Disse di essere nato nel 1916, durante la Grande guerra, di avere fatto la Seconda al fronte e, dopo la sconfitta, in una fortezza tedesca. Ricordò anche di avere vissuto per molti anni in un ambiente in cui la Germania era considerata un nemico secolare. Avrebbe potuto aggiungere che prima della guerra aveva passato una parte della sua giovinezza nelle file delle «Croci di fuoco», un movimento cattolico e nazionalista di estrema destra (fondato dal colonnello François De La Rocque) che negli anni Trenta battagliava con i comunisti e i socialisti nelle strade parigine del Quartiere Latino.
Se quel discorso a Strasburgo fosse stato pronunciato di fronte a un pubblico critico e ostile, qualcuno avrebbe potuto ricordare altre pagine della sua vita. Aveva collaborato con la Francia di Vichy sino alla fine del 1942. Era stato ministro degli Interni all’inizio della guerra algerina, quando il suo dicastero era in prima linea contro le rivendicazioni del Fronte di Liberazione nazionale. Era stato allevato in un ambiente cattolico e nazionalista, ma negli anni Settanta, dopo la «rivoluzione studentesca», si era impadronito del partito socialista, aveva creato con i comunisti un nuovo fronte popolare e lo aveva disciolto qualche anno dopo per tornare su posizioni moderate. Eppure quelle esperienze e quei cambi di casacca non avevano incrinato la sua immagine. Gli davano anzi, paradossalmente, il diritto di parlare con autorevolezza dell’Europa ai parlamentari di Strasburgo. Quando li ammonì con le parole «il nazionalismo è la guerra», l’assemblea capì che Mitterrand, ormai alla fine della sua vita, non aveva più bisogno, come era accaduto in altri tempi, di circuire e sedurre.
La storia e le sue esperienze gli avevano insegnato che il ritorno ai nazionalismi avrebbe avuto per effetto una nuova guerra; e voleva servirsi di uno dei suoi ultimi atti pubblici per ricordarlo ai parlamentari dell’Europa. A un giovane d’oggi e ai loro maestri, caro Heinze, suggerirei di leggere insieme l’ultimo discorso di Mitterrand.