Corriere della Sera, 7 novembre 2016
Trenta denunce al giorno. «Tantissimi si presentano già ubriachi al decollo»
Su YouTube i filmati sono sempre tra i più visti. Sui social i profili dedicati sono decine. Uno in particolare, Passenger Shaming, è ricco di foto di viaggiatori nella loro peggiore versione ad alta quota: ubriachi, molesti, violenti fisicamente o verbalmente nei confronti di chi si trova attorno, circondati dalla sporcizia che loro stessi hanno creato, nudi (anche integrali) o con i piedi scalzi infilati in particolare nello spazio tra i sedili davanti. C’è persino chi finisce denunciato perché vuole fare yoga invece di stare seduto. Poi ci sono pure gesti che rischiano di trasformarsi in tragedia, come accade sempre più spesso in Cina, dove sono ormai diverse le persone che tentano di aprire il portellone dell’aereo. In volo.
L’International air transport association (Iata) – l’associazione che riunisce la maggior parte delle compagnie – certifica che il 2015 è stato l’anno record degli incidenti a bordo causati dai passeggeri violenti: 10.854 le denunce depositate in tutto il mondo, una media di trenta al giorno, e in aumento del 17% rispetto ai dodici mesi precedenti. In nove anni fanno 49.084. «Dati parziali», precisa la Iata. «Non tutti i vettori forniscono le informazioni e non c’è un obbligo a inviare i report».
Non sempre, poi, i piloti deviano per sbarazzarsi del passeggero ritenuto minaccioso per l’incolumità di chi è a bordo. Il tentativo è quello di contenere il problema e pazientare fino a destinazione. «Ogni atterraggio d’emergenza può costare anche 200 mila euro», sostengono le compagnie. Ne sa qualcosa Hyongtae Pae, turista sudcoreano di 72 anni, che lo scorso aprile è diventato violento sul volo Honolulu-Tokyo perché si ostinava a praticare lo yoga quando non poteva. L’uomo è stato condannato a dodici giorni di carcere e a pagare 44.235 dollari la United Airlines per coprire i costi sostenuti per il rientro non previsto alle Hawaii.
La questione, ragionano dal quartiere generale della Iata, è seria. Tanto che anche l’Icao – l’organizzazione dell’Onu che regola l’aviazione civile – ha chiesto lo scorso settembre a tutti i Paesi membri di ratificare il protocollo di Montreal (del 2014) per arginare il problema. I vuoti normativi non mancano. Chi deve perseguire il passeggero problematico? Di solito la giurisdizione viene riconosciuta al Paese dal quale è partito il volo, ma non sempre i ruoli sono chiari.
L’alcol – com’è accaduto anche sul volo Bruxelles-Malta – è grande protagonista: nel 2015 è stata la causa di quasi un quarto di tutti gli incidenti. Sempre più passeggeri imbarcati risultano ubriachi o, qualche volta, esagerano con il vino, la birra o lo champagne a bordo. Non è un caso se diverse compagnie annunciano in volo che hostess e steward possono smettere di fornire ulteriori alcolici ai viaggiatori alticci. «Ma nella maggior parte si tratta di persone che consumano le bevande prima di salire», precisa la Iata.
Più di una denuncia su dieci parla esplicitamente di aggressione fisica nei confronti degli altri o di danneggiamento dell’aeromobile. Ma sono le liti verbali a dominare la graduatoria, nate soprattutto per il rifiuto di seguire le istruzioni degli assistenti di volo (allacciarsi le cinture, riportare il sedile alla posizione iniziale, alzare le tendine). In netto aumento i viaggiatori che rifiutano di spegnere telefonini, tablet e laptop in fase di decollo e atterraggio.
Ma anche il volo stesso è motivo di tensione. I jet sono molto più affollati – le low cost hanno un tasso di riempimento medio anche del 96-97% —, lo spazio a disposizione sul sedile è in diminuzione e con sempre più bagagli a mano lo spazio nelle cappelliere si esaurisce subito. Così come la pazienza di alcuni passeggeri.