la Repubblica, 2 novembre 2016
L’amaca di Michele Serra
La bella faccia veneta della democristiana Tina Anselmi campeggiò per quasi due anni accanto alla testata rossa di “Cuore”, giornale di satira e altre cose, covo di comunisti, di mangiapreti e di anarchici dei quali ero il maldestro domatore. “Tina for president”: la volevamo al Quirinale. Ci piaceva quella sua aria da Italia precedente, quella integra e laboriosa del dopoguerra, l’Italia neorealista, contadina e operaia, costumata, in bianco e nero, zavattiniana. Ci piacevano, dunque, le cause perse. Non solo una donna al Quirinale, obiettivo già azzardatissimo tra tutti quei maschi anziani in grisaglia; ma proprio quella donna lì, stella isolata del cattolicesimo democratico e popolare, neanche capocorrente e per giunta in fama di scocciatrice suprema avendo presieduto la Commissione parlamentare sulla P2 (tipico club, la P2, per maschi anziani in grisaglia).
Di politica – ci disse ai tempi il nostro valoroso antipatizzante Antonello Trombadori, uno che non ambiva al Nobel per l’Eufemismo – «non capivamo un cazzo». Aveva sicuramente ragione lui. Ma fa una certa impressione, venticinque anni dopo, leggere quanti autorevoli italiani dicono, con il senno di poi, che Tina sarebbe stata una presidente perfetta, la quintessenza dello spirito repubblicano, la prima donna sul Colle, eccetera. Però non lo è stata, se non sulla testata di un giornaletto satirico. Forse qualcosa vorrà dire.