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 2016  novembre 01 Martedì calendario

Benvenuti nelle «ciberie» 
dove si assaggia 
il buono degli scaffali

Le boutique del gusto stanno vivendo una seconda rivoluzione: al banco-frigo hanno aggiunto sgabelli e tavoli all’americana e sono diventate «ciberie». «Metà esercizi di vicinato e metà ristoranti, dove si può consumare la stessa merce che si trova tra gli scaffali» spiega Paolo Massobrio.

Se lo street food ormai lo conosciamo bene, tale fenomeno è una delle nuove tendenze del settore. Il tema verrà approfondito anche durante l’undicesima edizione di Golosaria, l’evento dedicato al cibo di qualità con incontri, degustazioni e show-cooking che dal 5 al 7 novembre porta al MiCo di Milano duecento espositori di food e cento cantine. 

Tra loro ci saranno pure questi commercianti-chef, anche se la distinzione dei ruoli tra chi sta alla cassa e chi ai fornelli è chiara.

Un nome? La Bottega di Stigliano. «Per me è il modello perfetto di ciberia», confida Massobrio. Nell’antico casale con le pietre a vista che la ospita tra le colline di Sovicille, Siena, ci sono il mini-market, con tanti prodotti praticamente introvabili, nati nelle aziende della zona e l’ala ristorante, con tante specialità locali. La missione va al di là del mero guadagno economico: «Lavoriamo per lo sviluppo del nostro territorio», spiegano.

«Le ciberie stanno contribuendo a creare un turismo enogastronomico che va a vantaggio di paesi e aree spesso tagliati fuori dagli itinerari principali», conferma Paolo Massobrio. 

Un altro esempio che gli piace fare è quello di Da u-Re, ad Abazia di Masio, in provincia di Alessandria. «In questo caso, il salto alla creazione dell’area ristoro non c’è ancora stato, ma qui arriva gente da ogni parte per acquistare l’insalata russa che producono. Per me è la più buona del mondo. Fatta proprio come una volta».

Già, i nonni. Secondo Massobrio, devono essere loro il modello di riferimento dei nipoti con il pallino dell’imprenditoria alimentare. «Ma poi bisogna innovare. D’altra parte, ai giovani non piace stare tutto il giorno da soli dietro un bancone, vogliono incontrare gente, scambiarsi esperienze. Non si può essere macellai oggi, come lo si era cinquant’anni fa». 

Alla Fassoneria di Torino lo hanno capito bene. Qui si servono i clienti che vogliono salsicce, costate e albese da cucinare a casa la sera, ma ci sono anche due salette con tavoli per quelli che vogliono gustare in loco hamburger della razza bovina piemontese. 

La formula funziona molto bene. Nelle ciberie, infatti, la crisi sembra non esistere. E non cambia che si trovino in campagna o in città. «Anzi – sostiene Massobrio – nei centri più grandi questi locali potrebbero rappresentare la rinascita dei negozi di quartiere e riportare le persone in zone che oggi sono poco popolari».