La Stampa, 1 novembre 2016
Torna lo stradario, è la rivincita della carta sul Gps
Nel 2004 scoppia il fenomeno dei navigatori satellitari per le auto. Tutti vogliono questa nuova tecnologia e, in poco tempo, chi stampava stradari e guide cittadine si ritrova i magazzini pieni di copie invendute. Fino a qui sembrerebbe la storia del digitale che soppianta il cartaceo, vincendo, ma non è così.
O almeno non lo è stato fino a qualche mese fa, quando una piccola casa editrice torinese specializzata in cartine geografiche ha deciso di produrre e pubblicare una nuova guida toponomastica cittadina, con un successo inaspettato. «Non avevamo in programma di realizzarla, ma dall’anno scorso abbiamo iniziato a ricevere così tante richieste da farci cambiare idea – racconta Francesco Pavanello, autore del nuovo stradario – A volere questo tipo di guida sono principalmente persone che con le indicazioni geografiche ci lavorano: quelli del 118, i tassisti, la polizia, i tecnici delle aziende comunali».
Ma come mai un ritorno alla carta? «Per vari motivi – spiega Pavanello – Il primo è che riescono a fornire una precisione maggiore a chi le consulta con urgenza. La cartina disegnata ti fa vedere in che punto sei della città e offre uno sguardo d’insieme rispetto a quello più ridotto di un cellulare». Poi ci sono motivi economici: «Chi sta lavorando non è sempre dotato di un navigatore e magari non vuole usare il cellulare privato. Con questa guida non ha bisogno di di connettersi».
La casa editrice si chiama Istituto Geografico Centrale, nome che nasconde una storia divertente: «Il nonno di mia moglie ha fondato la casa editrice e l’ha chiamata così perché ha preso come punto di riferimento centrale Torino – spiega Pavanello, che per mesi ha alternato consultazioni tra le mappe del Comune e ricerca sul campo in mezzo alle vie – Un lavoro del genere non è semplice da fare perché i piani regolatori, ormai, cambiano continuamente. Le città sono in piena trasformazione ed è necessario disegnarle osservandole via in via, come si fa con i sentieri di montagna». Certo, anche per un lavoro come questo, ogni tanto, si ricorre a google maps ma anche lì, sul web, gli errori sono dietro l’angolo: «Non ci si può basare soltanto sul loro lavoro perché la loro auto non passa spesso a tracciare le vie». L’unica cosa che la casa editrice non vuole fare in futuro è creare app per internet. Non è un rifiuto della tecnologia: «ma paura che copino il nostro lavoro e lo mettano gratuitamente».