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 2016  ottobre 31 Lunedì calendario

Il contenuto è il Re. L’America di carta e la seconda svolta digitale

Sono tutti e tre «affari di famiglia» i quotidiani più prestigiosi in America e fra i più citati al mondo: il New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post. Ma fra loro c’e’ una grossa differenza. Mentre sui destini del Post è sovrano solo Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.com che l’ha comprato dalla famiglia Graham tre anni fa, il Times e il Wsj dipendono sì in parte dalle dinastie Sulzberger e Murdoch, ma anche dagli azionisti delle società che li pubblicano e che sono quotate in Borsa.
Mentre Bezos può quindi permettersi di aspettare dieci anni e oltre per valutare i risultati della sua gestione, i responsabili del Times e del Wsj hanno il fiato sul collo degli investitori. Ed è già tanto che i nuovi piani di rilancio di entrambi questi quotidiani abbiano come orizzonte temporale i prossimi quattro anni.
Sia il Times sia il Wsj stanno infatti mettendo a punto un programma di ristrutturazione con la scadenza nel 2020: «2020 Report» è il nome di quello del Times e «Wsj 2020» è l’altro. I dettagli saranno annunciati nelle prossime settimane e i cambiamenti cominceranno a scattare da gennaio.
Già si sa però che l’obbiettivo è lo stesso: accelerare la trasformazione digitale dei due quotidiani, andando a caccia di nuovi lettori disposti a pagare per i contenuti e di nuove entrate, non solo pubblicitarie.
TagliI giornalisti temono anche i tagli delle loro teste. Che ci saranno, hanno ammesso i manager dei due quotidiani. Ma non si tradurranno in un impoverimento dei contenuti, giurano.
Il contenuto continua ad essere «re» anche nei giornali. Per far quadrare però i conti e rispondere alle esigenze di un pubblico che consuma le notizie sempre più velocemente sugli smartphone, gli articoli saranno più snelli. Come più snella, si può immaginare, sarà la redazione chiamata a produrli.
«Facciamo ancora un sacco di cose che non servono più ai lettori di oggi come servivano nel passato – ha spiegato a Poynter.org Arthur Gregg Sulzberger, il figlio 36enne dell’attuale editore del Times, appena designato a succedergli —. Pubblichiamo più di quello che potrebbe stare sull’edizione di carta e più di quanto possiamo promuovere online. Se lo tagliamo, non diminuisce la qualità del nostro giornalismo. L’importante è proteggere quello che ci rende speciali come le inchieste investigative o il giornalismo visivo».
ApprocciUn simile approccio minimalista l’ha annunciato anche il direttore del Wsj Gerard Baker in una nota alla redazione: «Scriviamo molte storie eccellenti, ma ogni giorno scriviamo troppe storie lunghe e non siamo abbastanza creativi su come raccontarle in modo coinvolgente per i nostri lettori che, dobbiamo capirlo, sono molto indaffarati. Detto brutalmente, ogni storia dovrebbe essere tanto corta quanto è giusto che sia».
Il piano «Wsj 2020», secondo le indiscrezioni finora trapelate, vedrà l’accorpamento delle sezioni «Business Tech» e «Money Investing» nel giornale stampato negli Usa e lo spostamento di più giornalisti verso ruoli nell’edizione digitale, i cui abbonati – arrivati a 1 milione – stanno per superare quelli cartacei (1,09 milioni).
Il Times è più avanti nella trasformazione digitale: il «2020 Report» rappresenta il seguito del «Rapporto sull’innovazione» già messo a punto due anni fa, non a caso da Arthur Gregg Sulzberger. Da allora il quotidiano newyorkese ha investito parecchio sullo sviluppo di nuovi modi di raccontare le storie: è stato pioniere per esempio nell’utilizzo della virtual reality per produrre video. Dopo aver introdotto il pay- wall nel 2011 – il sistema di far pagare per leggere un numero illimitato di articoli online – il Times è arrivato a 1,4 milioni di abbonati solo digitali e a un fatturato digitale di 400 milioni di dollari, che ora vuole raddoppiare entro il 2020.
ConfrontiPer riuscirci, non basta più convertire in abbonati l’attuale audience online. Per questo il nuovo piano punta su edizioni digitali per i mercati internazionali, con una spesa di 50 milioni di dollari. Saranno per esempio re-immaginate le pagine «Metro» di notizie locali per un pubblico globale, ha anticipato David Leonhardt, il 43enne responsabile di Upshot – la sezione di «Data journalism» del Times – che è anche leader della squadra di sette giornalisti incaricata di mettere a punto il «2020 Report». Fra i problemi sul tappeto da risolvere, c’è il rapporto fra il print hub (centro stampa) creato l’anno scorso dal direttore Dean Baquet e il resto del giornale: nella nuova organizzazione, i giornalisti cominciano a lavorare alle storie pensando solo al digitale e poi a un certo punto l’organismo centrale che si occupa dell’edizione cartacea decide che cosa mandare in stampa e in quali pagine. La redazione è preoccupata su quanto sarà consultato nella scelta chi scrive e cura le storie.
Tutti sanno comunque che dovranno ricalibrare il proprio narcisismo: la presenza della propria firma sulla prima pagina del quotidiano stampato non sarà più il primo indicatore del successo di un giornalista.