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 2016  ottobre 31 Lunedì calendario

Nostra signora dei controlli

Sono cinque i guardiani della Banca centrale europea (Bce). A loro il compito di vigilare sulle banche dell’eurozona, rilevare le criticità e verificare che il processo di risanamento degli istituti di credito in difficoltà vada a buon fine. A gestire la squadra è la francese Danièle Nouy, che si coordina con la tedesca Sabine Lautenschläger, l’italiano Ignazio Angeloni, il belga Luc Coene e la canadese Julie Dickson. Un team internazionale che vuole rivoluzionare il sistema bancario della zona euro. L’armonizzazione contro gli interessi particolari dei singoli Stati. È questo il mantra della Nouy, che lo ha ripetuto pochi giorni fa all’Università Bocconi, alla presenza del gotha finanziario italiano. «Stiamo lavorando duramente per sistemi bancari più forti, una maggiore armonizzazione della supervisione bancaria, per forgiare una cultura comune della supervisione europea», ha detto la Nouy, dal 2014 numero uno del Single supervisory mechanism (Ssm) della Bce.
La filosofiaSecondo la francese «le banche devono ripensarsi e adattarsi alle sfide post-crisi del mondo economico e finanziario». E sulla base di questo, nei prossimi anni bisogna attendersi rivoluzioni sostanziali. Dalla razionalizzazione delle filiali all’introduzione di tecnologie digitali più avanzate, il punto di svolta è chiamato, dai tecnici della Bce, disintermediazione. Nata a Rennes nel 1950, vent’anni passati al Banque de France e altrettanti trascorsi a occuparsi di supervisione bancaria, la Nouy parla poco e concede ancora meno interviste. Ma i bene informati affermano che non si tratta di spocchia, bensì «della sua estrema dedizione al lavoro». E vigilare sull’intero sistema bancario dell’area euro in modo più o meno diretto non è uno scherzo. Sono infatti oltre 6.000 gli istituti di credito che vengono monitorati dal Ssm.
Ad aiutare la Nouy c’è in primo luogo la Lautenschläger. Nata nel 1964 a Stoccarda, è una giurista di ferro che ha passato tutta la sua vita professionale antecedente la Bce a sorvegliare le banche tedesche. Prima alla Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (BaFin), l’autorità di vigilanza di Germania. Poi come vicepresidente della Bundesbank. Ed è la prima che conosce tutte le situazioni più a rischio delle Landesbanken, le casse di risparmio locali tedesche. Molto aspra – si narra nei corridoi dell’Eurotower – è la dialettica con il ministro delle Finanze del suo Paese d’origine, Wolfgang Schäuble. Nello specifico, più di una volta Schäuble avrebbe alzato la voce con la Lautenschläger quando si parlava di imporre la supervisione delle Landesbanken presso la Bce, e non alla BaFin. Eppure, la leguleia di Stoccarda non si è mai fatta intimorire.
Stessa tempra per Coene, nato nel 1947 a Ghent e considerato un abile negoziatore, diplomatico ma fermo nelle sue posizioni. Merito forse della sua carriera trasversale, iniziata alla banca centrale del Belgio, continuata tra Fondo monetario internazionale (Fmi), Commissione europea, ben più di una parentesi politica in patria e cementata con la nomina, nel 2011, a governatore dell’istituzione in cui aveva iniziato. Coene è forse il membro più politico del board del Ssm ed è lui che ha il compito di interagire con le cancellerie nella fase di ristrutturazione dei modelli bancari nell’eurozona. «Mi attendo la scomparsa di diversi istituti di credito nell’euro area nei prossimi anni. Certi modelli di business non sono più praticabili e c’è un evidente eccesso di società finanziarie», ha detto a una conferenza a Bruxelles poche settimane fa.
Diverse personalitàPiù oscura è invece la Dickson, che segue la linea di silenzio della Nouy. Canadese di Saint John, cittadina nel New Brunswick di fronte alla Nova Scotia, la Dickson è considerata la persona che ha salvato il Canada dall’impatto del crac di Lehman Brothers. Riservata e appassionata di vigilanza finanziaria, è lei a consigliare la Nouy su come armonizzare gli stress test con l’esperienza nordamericana.
Il nuovo corso degli istituti bancari europei è cruciale per evitare crisi sistemiche future. E su questo punto, uno dei policymaker più ascoltati su entrambi i lati dell’Atlantico è Angeloni. Dopo la laurea in Economia alla Bocconi nel 1977, con Mario Monti come supervisore della tesi, un master e un dottorato di ricerca alla Pennsylvania University, Angeloni ha passato la sua carriera professionale prima alla Banca d’Italia e poi alla Bce. Considerato uno dei più brillanti esperti di banche centrali, è stato citato pochi giorni fa dal presidente della Federal Reserve di New York, William Dudley, che ha portato gli esempi di rivoluzione bancaria di Angeloni di fronte ai funzionari della Fed durante un meeting a New York.
Tra questi, ci sono domande che ogni banchiere dovrebbe porsi, come «Si sta facendo ciò che si era promesso di fare (nell’attività bancaria, ndr )» o «Vi comportereste in modo analogo se le vostre azioni fossero pubblicamente vigilate?». Angeloni, infatti, rappresenta una delle voci più influenti all’interno del Ssm quando si parla di etica professionale e rapporti tra politica e universo bancario. E di etica, anche considerando i casi Deutsche Bank e Wells Fargo, ce n’è sempre più necessità.