Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 31 Lunedì calendario

«Non l’avremmo mai fatta». La linea Raggi sulla Nuvola e il «terrore» degli appalti

«Siete fortunati che non siamo arrivati prima. Perché la Nuvola non ve l’avremmo fatta mai costruire». Con queste gentili parole Salvatore Romeo, il segretario particolare di Virginia Raggi, accoglie un mese fa nel suo ufficio il nuovo amministratore delegato dell’Eur spa Enrico Pazzali. Lasciandolo letteralmente di stucco. Poco importa che il Comune non sia nemmeno proprietario della società che ha realizzato il centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas, controllata dallo Stato al 90 per cento. Il biglietto da visita della giunta a 5 Stelle è inequivocabile. E la spiegazione per quanto accaduto sabato all’inaugurazione della Nuvola, con le accuse della sindaca di Roma in diretta tivù e i fischi della platea, è tutta qui. Inutile affannarsi in dietrologie. Il messaggio è inequivocabile. Il nuovo centro congressi è considerato da chi oggi governa Roma il simbolo di un sistema che si regge su sprechi e malaffare.
Sappiamo come purtroppo hanno sempre funzionato le opere pubbliche in questo Paese, e nemmeno la Nuvola è stata risparmiata da mille traversie. A cominciare dai 18 anni che ci sono voluti per costruire il nuovo centro congressi, con i primi nove passati praticamente senza piantare un chiodo. Per continuare con i 353 milioni spesi, di cui 239 per l’appalto aggiudicato a Condotte: somma paragonabile a quella investita nella famosa città dello sport progettata da Santiago Calatrava a Tor Vergata. Con la differenza che lì è come se avessero buttato i soldi dalla finestra, mentre la Nuvola almeno è stata finita.
E senza poi dire di alcune amenità che hanno punteggiato quei 18 anni, di cui tutti hanno qualche responsabilità più o meno grande. L’immancabile arbitrato per regolare le pendenze precedenti all’appalto, costato 5 milioni e mezzo. La burocrazia comunale, che ci ha messo tre anni solo per dare i permessi: incassando però 9 milioni e mezzo di oneri concessori (lo sa la sindaca?). I professionisti degli incarichi, già pronti ad accaparrarsi il collaudo finale per cui era prevista una spesa di 1,2 milioni, e che senza l’intervento dell’autorità di vigilanza era stato già per metà destinato ad Angelo Balducci, in seguito assurto agli onori delle cronache per lo scandalo della Cricca. La società Eur spa, gestita a lungo in modo sconcertante, al punto di dover portare i libri in tribunale. Ha lasciato segni profondi soprattutto il passaggio al vertice di tal Riccardo Mancini, condannato a due anni in primo grado per tentata estorsione, «amico e sodale», come l’ha definito su Repubblica Carlo Bonini, di quel Franco Panzironi amministratore delegato dell’Ama (e factotum della fondazione di Gianni Alemanno): il cui figlio è fra gli assunti da Mancini a Eur spa. E qui l’intreccio delle persone e dei ruoli presenta aspetti sbalorditivi e coincidenze sorprendenti.
Perché nell’operazione di vendita dell’albergo da 490 stanze realizzato accanto alla Nuvola e compreso nell’appalto spunta, come racconta Bonini, un signore che si chiama Giuseppe Rojo: lo incarica tramite bando il mediatore estero che segue la pratica. Professionista a tutto tondo, è stato anche amministratore delegato di una società di Equitalia all’epoca dell’ultimo governo Berlusconi. Ha interessi variegati e a un certo punto la sua strada incrocia, nell’azionariato della Società generale edizioni romane di cui è socio rilevante Paolo Bulgari, quella dell’avvocato Pieremilio Sammarco, nume tutelare di Virginia Raggi. Un rapporto, quello fra Rojo e Sammarco, capace di spiegare la circostanza che vede l’attuale sindaca di Roma assumere per un anno la presidenza della HGR. L’acronimo sta infatti per Holding Giuseppe Rojo, di proprietà sua e della sorella Gloria Rojo: la segretaria di Panzironi assunta dall’Ama a chiamata diretta per essere poi licenziata con l’arrivo di Ignazio Marino al Comune e di Daniele Fortini alla municipalizzata. Dimissionato a sua volta, Fortini, con lo sbarco di Virginia Raggi al Campidoglio.
Dunque all’ombra della Nuvola ci sarebbero tutti gli ingredienti per una fiction alla carbonara. Le parole di Romeo e la performance della sindaca ribadita oggi in un tweet («L’opera architettonica è bellissima ma ha avuto un costo imponente che non riescono nemmeno a quantificare») riportano però bruscamente alla realtà. L’amministrazione che guarda con diffidenza all’unica opera di architettura moderna dai tempi dell’Auditorium, bollandola a priori come un gigantesco inutile spreco anche a prescindere da una doverosa verifica del piano industriale, è la stessa che ha detto no alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024. Avendo considerato anche quelle uno spreco insostenibile. E che in questioni apparentemente minori manda segnali coerenti con questa linea di condotta. Un esempio? C’è mancato poco che il 27 ottobre l’apertura del Luna park dell’Eur, uno storico parco di divertimenti chiuso da decenni, saltasse per una questione sollevata dal presidente grillino del municipio.
Se queste sono le premesse, che cosa ci si deve attendere quando il Campidoglio a trazione grillina si dovrà misurare con dossier giganteschi, alcuni dei quali già ammuffiti? Che ne sarà della Metro C, opera essenziale per la città eppure evidentemente sbagliata nella progettazione e nelle scelte realizzative, con la conseguenza che la spesa di 3,7 miliardi sostenuta finora risulta inutile? E della folle città dello Sport di Tor Vergata, insensata cattedrale nel deserto per il cui completamento sarebbero necessari ancora 400 milioni? O della vecchia Fiera che cade a pezzi, rappresentando una voragine finanziaria senza fondo? Oppure del previsto stadio della Roma e dell’immenso piano immobiliare che dovrebbe accompagnare l’operazione? Per non parlare dei tanti possibili progetti di riuso (quelli sì, davvero fondamentali) del patrimonio pubblico in stato di abbandono. Per ognuno di questi dossier servirebbero risposte urgenti, anziché la sospettosa indifferenza che trapela da certe dichiarazioni. Governare significa questo.