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 2016  ottobre 23 Domenica calendario

Perché il Papa scorretto di Sky ha più seguaci di Bergoglio

Si ha un bel dire che siamo tutti indifferenti, che la Chiesa non conta più niente. Ma c’è qualcosa di quell’antica baracca che desta attenzione persino più del crimine, del sesso e della gastronomia. Incredibile, vero? Prima di domandarci il perché, qualche numero. The young pope (Il papa giovane) di Paolo Sorrentino ha stabilito un primato per l’esordio di una serie televisiva sulla tv a pagamento: 953mila presenze davanti al video sintonizzato su Sky. Il doppio di Gomorra di Roberto Saviano. Il triplo de Il trono di spade. Schiacciato da un rullo House of cards. 
Che strano. L’Anno Santo ha attirato da Francesco, il papa vero, un flusso fiacco di pellegrini. In compenso, Pio XIII, il papa della fiction, ha battuto ogni record di presenze, anche se non ha permesso di lucrare indulgenze. C’è un fatto ovvio. Un conto è godere uno spettacolo in poltrona, altra cosa è sfiancarsi in pullman e stare in piazza sotto il temporale. Ma sarebbe troppo banale liquidare la faccenda come un un primato (petrino) della pigrizia. C’è dell’altro. E non è solo l’abilità del marketing e della moda. 
Osserviamo la trama, per il poco che si capisce nelle prime due puntate. Un bel cardinale americano di 47 anni è eletto al soglio di Pietro. Nessuno sa cosa pensa. Sceglie un nome da tradizionalista. È stato voluto da un cardinale napoletano di nome Voiello, che pensa di manovrarlo come un burattino. Pio XIII lo esautora, si mette al proprio fianco la suora che lo ha allevato, lui che era stato abbandonato da due genitori figli dei fiori. 
Tutto sembra far apparire una modernità esagerata, rispetto a cui Bergoglio appare un retrò. Fuma e gioca a biliardo, ma le immagini sono serissime, non c’è presa in giro, lo si mostra come un uomo normalissimo, pieno di paure, di ira. Lo si vede fare la doccia, mostra il muscoloso deretano per attizzare non solo le signore, temiamo. Poi eccolo porsi le domande su Dio. Esiste? Perché è così contraddittorio? Che senso ha tutto questo? Arriva a dire al confessore: «Io non credo in Dio». Sogna di autorizzare aborto e masturbazione davanti alla folla festante, in nome della felicità. Poi, nella realtà, liquida il prefetto della Congregazione del Clero perché si dichiara progressista e omosessuale. Insomma, non ci si capisce niente di quest’uomo. Vuole una Chiesa severa, niente affatto di manica larga, non fa il terzomondista equo-solidale, infatti non chiede il caffè degli indios, ma coca-cola zero alle ciliegie, che a Roma non si vende, ed è pura essenza dell’imperialismo consumista delle multinazionali yankee. Detesta le risate amichevoli, vuole rapporti formali e prova allo specchio gesti ieratici da angelo vestito di candide vesti, ma non vuole apparire in pubblico perché si sente un “nessuno”. Scrive a un bambino che «Dio è tutto ciò che ti piace», poi terrorizza la folla con la sua prima omelia dove proclama che molti saranno i dannati perché «avete dimenticato Dio». Chiede di portargli le prove che Dio non esiste, sicuro che nessuno ce la farà. Ma intanto lui non sa, non sa niente, e non è niente, e fuma e sogna una suora grassa e col labbro peloso. 
Intanto il cardinale napoletano, una figura meravigliosa interpretata con bravura eccezionale da Silvio Orlando, che tifa per il Napoli e preferisce invocare il Pipita (Higuain) invece che san Gennaro, risulta alla fine l’unico che si dà da fare, oltre che per il potere, per assistere un ragazzino con gravissimi handicap. 
Ci sono molte somiglianze con storie vissute. Il cardinale Agostino Casaroli, uomo abilissimo nel gestire la diplomazia, capi di Stato, potere di ogni tipo, visto come uomo arido, passava i minuti del suo tempo libero in un carcere minorile, e a trovare sbocchi di lavoro per quei ragazzi. E sul tabacco? Nessuno scandalo da film. San Giovanni XXIII, bergamasco, dopo cena fumava le nazionali esportazioni senza filtro. San Giovanni Bosco si dilettava di sigari e sigarette. Sul “suo” papa, Pio IX, si racconta un aneddoto saggio. Egli fiutava tabacco. San Pio X fumava sigari, e per un po’ continuò anche da pontefice, tanto che si conserva come reliquia l’ultimo mozzicone. Insistette però a usare il tabacco da fiuto, e ne offrì una presa a un cardinale che lo guardava un po’ schifato. Al che quello: «Santità, non ho questo vizio!». E il papa veneto: «Eminenza, se fosse un vizio, lei ce l’avrebbe!». 
I dialoghi sono stravaganti. Ma intorno c’è quella cosa stupefacente che sono le mura di san Pietro, la Pietà di Michelangelo, i crocifissi e gli angeli, le stanze barocche. Tutto dice che c’è un mistero nella Chiesa, che non è solo finanze, peccato e potere, e questo giovane papa è anch’egli meravigliato di essere lì dov’è, chiamato da qualcosa di più che da una trama di cortigiani. 
Io credo che per questo questa serie abbia avuto successo, e dopo attenta visione è stata acquistata dalle televisioni di 110 Paesi. Non c’è nessuna apologia del cattolicesimo, che fa brutta figura, così come i suoi cardinali, ma è evidente che è la sola cosa interessante che ci sia. Altro che il piattume protestantico e le nenie buddiste, o il culo in cielo delle masse musulmane in preghiera. Questa faccenda dello Spirito Santo in cui nessuno crede, ma c’è, è evidente dal film di Sorrentino, picchia una domanda nelle zucche della gente, di qualunque Paese del mondo, e persino in Italia che di papi dovrebbe essere stufa. 
Non so a voi, ma a me non dispiace che catturi più attenzione l’avventura di un povero papa giovane, che la crudeltà assassina di un capo della camorra.