Corriere della Sera, 27 ottobre 2016
L’eccezione Lipsia. I tedeschi contro la squadra di plastica
BERLINO Una minaccia corre negli stadi della Germania. Secondo i tradizionalisti – la gran parte dei tifosi – è qualcosa che potrebbe minare l’anima stessa del calcio tedesco. La squadra della Red Bull, sette anni di vita, ha aggirato la regola d’oro del Fußball nazionale – i club devono essere posseduti in maggioranza dai soci – e oggi è seconda in classifica nella Bundesliga: a due punti di distanza, morde le caviglie al Bayern Monaco.
Che una squadra sconosciuta ai più possa avere successo non è una novità, capitò all’Hoffenheim nel 2008-2009: il problema, per i fan tedeschi che la odiano, è che la Rb Leipzig (Lipsia) sarebbe «di plastica». Un modello societario che potrebbe inquinare l’essenza stessa del calcio tedesco.
Formalmente, Rb non deriva da Red Bull ma da RasenBallsport, sport di palla sul prato. Questo perché le regole federali vietano di citare un marchio nel nome di una squadra che ha la licenza di partecipare ai tornei ufficiali. Quando, nel 2009, uno dei proprietari della Red Bull, Dietrich Mateschitz, comprò da una squadra locale, la Markranstädt, i diritti a giocare nella quinta divisione, ricorse dunque all’escamotage delle stesse iniziali: per tutti, oggi, Rb è Red Bull. Questo non piace.
La norma aggirata dalla società produttrice di bevande energizzanti è la cosiddetta «50+1 Regel»: stabilisce che per competere ai diversi livelli della Bundesliga un club dev’essere proprietario della maggioranza dei suoi diritti di voto, in altri termini che i soci devono possedere il 50% più uno dei diritti. Ciò per evitare che un singolo —arabo, cinese, russo o anche tedesco – possa controllare il club: è una regola che differenzia il calcio della Germania da gran parte di quello europeo. Ci sono eccezioni per i casi in cui una persona o un’impresa abbiano finanziato una squadra per almeno vent’anni: la Volkswagen con il Wolfsburg, la Bayer con il Bayer Leverkusen.
Red Bull, che del Lipsia possiede il 49%, ha superato il divieto creando un club, che controlla il resto dei diritti di voto, composto in sostanza solo da dipendenti dell’azienda e, soprattutto in passato, impenetrabile agli estranei. Le critiche prendono ogni forma: i commentatori contrappongono i «club di plastica», come l’Rb Lipsia e l’Hoffenheim, ai Traditionsverein, i club della tradizione; la scorsa estate una testa di toro è stata gettata in campo durante una partita con la Dynamo di Dresda; sit-in anti Rb hanno bloccato i giocatori biancorossi su un pullman prima di un match. La ragione di base degli avversari: i tradizionali giocano per il calcio, l’Rb per vendere bevande. Lipsia, naturalmente, è invece in festa: dopo il crollo della mitica Lokomotive (l’altro club della città), ha ridato una squadra competitiva all’Est della Germania.
Sul campo, in effetti, i risultati danno ragione all’Rb. In sette anni, la squadra è passata dalla Oberliga (quinta divisione) alla Regionalliga, alla Liga, alla seconda Bundesliga (Zweite Liga) e quest’anno alla Bundesliga. Senza follie finanziarie, puntando soprattutto sui giovani.
Finora, nel campionato principale ha giocato otto partite, cinque vinte e tre pareggiate: diciotto punti in classifica contro i venti del Bayern e +4 sul prestigioso Borussia Dortmund. Il club della tradizione e quello «di plastica» si incontreranno per la prima volta il 21 dicembre, a Monaco. In gioco anche un po’ dell’anima del Fußball.