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 2016  ottobre 23 Domenica calendario

Il vero Smiley, la spia senza qualità 
che scongiurò una guerra atomica

Negli Anni 20, T. S. Eliot aveva predetto che il thriller spionistico sarebbe diventato la forma d’arte del 20° secolo con il tradimento della fiducia come protagonista invece della cavalleria. Nel 1996 John Le Carré cenò al Travellers Club di Londra con Yevgeny Primakov, che sarebbe stato primo ministro, poi candidato alla presidenza e che quando era a capo della cellula del Kgb in Medio Oriente era stato il modello per il personaggio di Karla. «Chi è il suo personaggio preferito dei miei libri?», chiese l’autore. «Smiley, ovviamente» rispose l’ex capo delle spie russe. Modello per Smiley era stato il vecchio superiore di Le Carré, Sir Maurice Oldfield, che fu a capo dei servizi di spionaggio inglesi Mi6. 


Ora il nipote di Oldfield, Martin Pearce ha scritto una biografia di questo enigmatico e riservato personaggio (Spymaster: The Life of Britain’s Most Decorated Cold War Warrior. Spymaster, la vita del più decorato guerriero della Guerra Fredda). Oldfield fu il primo a sospettare la talpa sovietica di lungo corso Kim Philby, che, dopo l’avvicendamento come principale collegamento dell’Mi6 con la Cia a Washington, tornò al dipartimento dell’Mi6 per l’Unione Sovietica, in attesa di diventare capo dell’intero servizio. Fu Maurice Oldfield, che rimise insieme i pezzi dopo il progressivo smascheramento di Philby e dei Cinque di Cambridge, a diventare responsabile del dipartimento anti-sovietico, e a reclutare Oleg Gordievsky. Era stato uno dei referenti di Philby al Kgb di Mosca e divenne responsabile della sezione britannica del Kgb facendo il doppio gioco in favore del Regno Unito. 

Nel 1983 Gordievsky riuscì a fermare una guerra nucleare perché in quanto membro del Politburo di Breznev sapeva che i russi stavano prendendo alla lettera la retorica dell’«Impero del male» di Reagan e temevano che le grandi esercitazioni estive della Nato fossero una copertura per un vero attacco nucleare strategico. Pianificarono di anticiparlo. Gordievsky riferí il «chiaro e presente pericolo» di un Armageddon atomico a Oldfield e quindi la Lady di Ferro consigliò al presidente Reagan di ammorbidire la sua retorica e depotenziare le esercitazioni della Nato. Il 1983 fu il più pericoloso fraintendimento della Guerra Fredda. Nel 1984 quando Gorbaciov si recò in visita dalla signora Thatcher a Londra, Gordievsky era a capo dell’intelligence all’ambasciata sovietica. Poté riferire che durante il colloquio all’ambasciata Gorbaciov aveva «cantato la stessa canzone» di quando era stato a colloquio con la Thatcher e lei poté dire a Ronald Reagan «Sì, possiamo trattare con Gorbaciov» e la Guerra fredda ebbe i giorni contati. E così Gordievsky.
Gli fu ordinato di rientrare a Mosca per essere interrogato. Come in un film di James Bond Gordievsky riuscì a fuggire in Finlandia. Aiutato dall’Mi6 ritornò in Gran Bretagna. 

Dei 18 «C», come sono sempre stati chiamati fin dal 1908 i capi dell’Mi6, 17 sono stati classici gentiluomini inglesi educati in scuole come Eton e poi passati a Cambridge o a Oxford. Maurice Oldfield era del tutto diverso, sia per la sua formazione che per il suo aspetto, era grassoccio, sciupato e miope.
Era nato nel 1914, il maggiore di 10 figli di un contadino, in un paesino di 150 abitanti nelle brulle Derbyshire Dales. Aveva vinto una borsa di studio per il locale liceo classico e un’altra per studiare storia alla Manchester University, un ateneo buono ma non di eccellenza dove poi insegnò storia medievale. 

Oldfield riuscì a convincere il primo ministro Harold Wilson a resistere alle pressioni del presidente Johnson per unirsi all’intervento militare in Vietnam. Il fascino e l’intelligenza di Oldfield gli permisero di accattivarsi le simpatie e di avere un’influenza su personalità come lo Shah, Lee Kwan Yu, il fondatore del miracolo economico di Singapore, presso entrambe le parti in causa nel conflitto arabo-israeliano dal 1945 in poi e anche sul presidente Kennedy che sostenne durante tutto il periodo della crisi dei missili con Cuba. Ci voleva un uomo del popolo e non James Bond, per giocare d’azzardo sui missili con Kruscev. 


Mandato a Washington alla fine degli Anni 50 per subentrare a Kim Philby come collegamento con la Cia e per convincere gli americani che l’Mi6 non era completamente infiltrato dalle talpe, Oldfield si sottopose volontariamente al loro nuovo test elettronico, la macchina della verità. «È o è mai stato omosessuale?», Oldfield rispose «No». Lo era, naturalmente, ma questa è un’altra tragica storia che turbò l’ultima parte della sua vita.