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 2016  ottobre 23 Domenica calendario

Gli hacker nel frigorifero

L’attacco è arrivato da videoregistratori, frigoriferi, telecamere di sicurezza, router e sistemi per il controllo dei neonati. Quella che sembra la trama di un film di fantascienza, neanche dei più raffinati, è invece il racconto degli esperti sull’attacco informatico che ha bloccato il Web americano per tutta la giornata di venerdì. Un cyber-attacco che bloccando i server della Dyn, azienda del New Hampshire che svolge il compito di indirizzare il traffico Web, di fatto ha reso inaccessibili a milioni di utenti centinaia di siti. Da quelli di giornali come New York Times e Financial Times, a quelli di servizi a dir poco popolari: Twitter, Netflix, Spotify, AirBnb e molti altri. Alla base, come esercito, ci sarebbe l’Internet of Things, i miliardi di oggetti comuni collegati al Web.
I generali che hanno condotto l’offensiva sono ancora oggetto di indagine: si parla di hacker russi o cinesi, di «vandali della Rete», ma anche di seguaci di Julian Assange, come lasciava intendere ieri un tweet di Wikileaks: «Chiediamo a tutti i sostenitori di smettere di attaccare i siti internet Usa». Una sorta di rivendicazione indiretta. In ogni caso negli Usa, alla vigilia delle elezioni, l’allarme è molto alto.
Cosa è successoI server della Dyn gestiscono parte del «Domain Name System» della rete americana, ossia si occupano di tradurre in numeri comprensibili ai computer quegli indirizzi che digitiamo nei browser, come «Corriere.it». Dalle ore 7 del mattino locali sono iniziati i primi problemi che, in diverse ondate, hanno portato al blackout parziale della Rete americana, che da una costa si è spostato sull’altra. Secondo quanto emerso nella tarda serata di venerdì, l’attacco di tipo Ddos – Distributed Denial of Service – sarebbe partito da migliaia di oggetti «smart», che dalle case di cittadini all’oscuro hanno intasato i server dell’azienda di «false richieste» al punto di zittirli del tutto. Si tratta di oggetti sempre più diffusi – secondo gli analisti di Gartner oggi se ne contano 7 miliardi nel mondo, nel 2020 saranno quasi 30 – e rappresentano forse il più grande problema di sicurezza informatica del momento, perché vulnerabili ad attacchi esterni. Quanto successo poche ore fa negli Stati Uniti sarebbe stato causato da dispositivi resi «zombie», ovvero pilotati a distanza, da un software «cattivo» chiamato «Mirai», una sorta di virus che negli ultimi tempi avrebbe infettato centinaia di migliaia di registratori digitali, telecamere, sensori di vario genere e altri oggetti connessi ala Rete.
I sospetti
Queste tipologie di attacchi condotti attraverso «smart devices», secondo il colosso americano della Rete Verisign, sono aumentati del 75% negli ultimi mesi rispetto all’anno precedente. Diventando sempre più massici e sofisticati. Secondo il blogger Bruce Schneier, un esperto di sicurezza citato tra gli altri dal New York Times, sembra che dietro ci sia una specie di disegno, come se qualcuno stesse mettendo alla prova le difese delle aziende che gestiscono pezzi del traffico di Internet. Potrebbe trattarsi di Paesi «nemici» come Russia e Cina, con cui gli Usa avrebbero già da tempo ingaggiato una guerra informatica neanche troppo sotterranea – il vicepresidente Biden, a inizio mese, aveva avvertito della capacità americana di rispondere alle cyber provocazioni —, oppure di gruppi di hacker più o meno isolati. L’ Associated Press racconta della rivendicazione via Twitter da parte di un collettivo «ombra» New World Hackers: avrebbero scatenato «zombie» capaci di generare traffico fasullo sui server della Dyn per 1,2 Terabit al secondo.
Il voto onlineSe è troppo presto per poter trarre conclusioni, non lo è per preoccuparsi in vista del voto per le Presidenziali del 8 novembre. Sono infatti 31 gli Stati americani che permettono il voto online per i militari e i civili che si trovano Oltreoceano, con in più l’Alaska. Secondo l’Election Assistance Commission, un’agenzia indipendente creata nel 2002 per agevolare la partecipazione degli americani alle elezioni, un attacco Ddos potrebbe fortemente influire sul voto elettronico. Arrivando a determinare, per esempio, l’esito del ballottaggio negli «swing states», gli stati più in bilico tra Clinton e Trump.