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 2016  ottobre 21 Venerdì calendario

La rinascita (e il mito) del Nero di Troia

Nell’estate sciroccosa e interminabile di Taormina, Bruno Vespa sceglie il mito di Elena. Blazer e cravatta blu, mostra alla folla che lo assedia per regalargli fichi d’India e dolcetti, una bottiglia che rimanda a Omero. Il nuovo vino porta il nome della donna più bella del mondo antico, la regina di Sparta. Helena è l’ultima etichetta del giornalista diventato produttore in Puglia. A due anni dall’esordio, Vespa ha allargato i confini di Futura 14, la società con i figli Alessandro e Federico alla Masseria Li Reni, 25 ettari, compresi quelli di Lizzano dove 70 piante di Primitivo sono state da poco distrutte da vandali o mafiosi («Non mi intimidiscono»). Il nome che compare sulle sette etichette (dal Primitivo Raccontami al metodo classico Noi Tre) è «Vespa Vignaioli per passione». Da Manduria padre e figli, guidati dal presidente degli enologi Riccardo Cotarella, hanno raggiunto Troia, in provincia di Foggia, lo stesso nome della città rasa al suolo da Ulisse per liberare la regina. Lo stesso dell’uva che due millenni fa venne portata in Puglia dall’altra riva dell’Adriatico.
Helena è un Nero di Troia. È stato presentato a Taormina Gourmet, la tre giorni di cuochi e vignaioli in scena voluta da Fabrizio Carrera. Sarà in vendita dalla prossima primavera. Il Nero di Troia è un rosso del Sud a lungo maltrattato, usato per «tagliare», irrobustendolo, qualche anemico vino del Nord. È stato riscoperto, facendosi largo tra le star color rubino della Puglia, Primitivo e Negramaro. Lo sbarco di Vespa e Cotarella a Troia è un altro segno di questa svolta. Con Helena, il giornalista prima del Tg1 e ora di Porta a Porta punta alto. «Sono un appassionato di musica classica – spiega – amico di grandi maestri come Riccardo Muti. Invidio la loro capacità di far provare la stessa sensazione al pubblico di tutto il mondo. Cercavo un vino che, come la musica classica, fosse comprensibile a persone di culture e lingue diverse. Con Riccardo ci siamo riusciti: un vino internazionale da un antico vitigno autoctono».
Helena è un vino quasi dark, un’ombra scura nel bicchiere con riflessi rossi. Ma ha un’anima solare e pugliese. L’uva ha accumulato tutto il caldo possibile, è stata raccolta in autunno, il 27 ottobre 2014. Due gli anni di riposo in barrique. È speziato, profuma di more. La vendemmia tardiva ha stemperato la potenza, resta una dolce freschezza. Solo 6.300 bottiglie. «Sono riuscito ad averne due da Cotarella», scherza Vespa a tavola. Finiscono in fretta assieme a trancio di tonno, formaggio stagionato, cannoli. Lo chef Andreas Zangerl porta in sala uno scooter rosso: è una Vespa. Risata del giornalista. La Piaggio gli vuole impedire di usare il suo cognome sulle etichette, perché non si confonda con quello dello scooter. Materia da avvocati, ma per il Vespa produttore di vino è la certificazione che il suo vino sta crescendo.
In una sala di Villa Diodoro, si accalca un centinaio tra sommelier, ristoratori e appassionati per provare l’Helena e vedere il volto della tv. «Helena è dinamico, energico, invita a berlo», dice Cotarella. Dopo un’ora, la degustazione è conclusa. Prima di andarsene Vespa chiede di essere giudicato come produttore: «Imparate a perdonare le persone note che fanno vino. Wine Spectator dedica a questi personaggi molte copertine, l’Italia invece non li perdona», dice svuotando la bottiglia con l’etichetta sul mito di Elena.