la Repubblica, 20 ottobre 2016
Bond a tasso zero. L’ultima difesa per gli investitori
MILANO Per anni è stato il sogno di tutti i direttori finanziari: raccogliere denaro sul mercato pagando tassi più bassi possibile. Ma la realtà, è andata oltre l’immaginazione: gli investitori istituzionali sono disposti a comprare obbligazioni di grandi società sapendo che incasseranno cedole di pochi decimali o addirittura che non le avranno. Per non dire di chi si è messo in fila per i bond a tassi negativi.
In Europa, tutto ciò accade di fatto dalla primavera scorsa, per l’Italia la prima volta è stata solo l’altro giorno, quando il gruppo Snam ha concluso con successo il collocamento di un bond da 500 milioni di euro offrendo agli investitori una cedola a tasso zero. Nonostante questo, c’era la coda: la società guidata dall’ex manager Eni, Marco Alverà ha avuto una domanda pari a tre volte i titoli offerti al mercato.Per quali motivo le istituzioni finanziarie accettano di mettere soldi dove è certo che ci guadagneranno pochissimo o nulla? Gli stessi motivi che hanno portato quegli stessi investitori, nei mesi scorsi, a comprare le obbligazioni a tasso zero (o persino negativi) di altri gruppi europei: tutte aziende di alto livello, dalle tedesche Henkel, Bmw e Deutsche Bahn, alla francese Sanofi per arrivare alla britannica Bp. Come ha rivelato Société Générale, in un report di poche settimane fa, sul mercato ci sarebbero almeno 1.250 miliardi di euro di bond corporate con rendimenti sotto l’1 per cento. Alla base di tutto c’è il crollo dei rendimento dei titoli di Stato dei Paesi considerati più solidi, frutto delle politiche delle banche centrali a cominciare dalla Bce: il 46 per cento dei titoli di Stato in euro in circolazione – secondo un dato aggiornato al maggio scorso – ha tasso negativo, per un ammontare pari a oltre 2.000 miliardi. A questo punto, anche solo il tasso zero, diventa di per sé un guadagno.Seconda ragione: la politica dei tassi ai minimi storici ha messo in crisi il sistema bancario, che ha cominciato a offrire conti correnti a tassi negativi. In pratica, se vuoi mettere i soldi da me, devi pagare. Ecco perché, riferiscono gli operatori, ad acquistare bond a tasso zero sono anche i responsabili delle tesorerie di grandi aziende: piuttosto che perderci, preferiscono “parcheggiarli”, visto che i bond sono titoli liquidi che si possono vendere in qualunque momento.Scelte che rischiano di creare una nuova bolla. Come fa capire Filippo Lanza, gestore di base a Londra del fondo Hi Numen Credit che fa capo alla società milanese Hedge Invest. «Va tenuto conto che tra gli investitori si teme che l’inflazione arrivi a tassi negativi: in questo caso avere un’obbligazione a tasso zero difende il potere d’acquisto. Una scommessa per certi versi pericolosa, nel caso in cui la Bce in Europa e la Fed negli Usa dovessero cambiare strategia sui tassi. Gli investitori da almeno un paio di anni convivono con la possibilità di una diversa politica delle banche centrali, ma di concreto non hanno ancora visto nulla. Per cui continuano a comprare bond anche a tasso zero».
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Berlino risparmia ma insiste: Draghi ci sta scippando
BERLINO In Germania è tale l´unanimismo nella condanna dei tassi bassi che ormai l´assiduo frequentatore di quotidiani e settimanali fatica a distinguere le copertine. E capita di chiedersi se la foto di Mario Draghi che fuma un rotolo di banconote era l´
Handelsblatt o la Welt. O di avere un attacco di sbadigli all´ennesimo titolo sullo “scippo ai risparmiatori”. Alla vigilia delle riunioni del consiglio direttivo della Bce come quella di oggi, il fuoco di fila sui giornali, tipicamente, si intensifica. Purtroppo, nel panorama da Pravda dei commenti, raramente qualcuno che ricordi i benefici dell´era dei rendimenti zero, a partire dal fatto che se Wolfgang Schäuble può rivendicare oggi di aver mantenuto già per il terzo anno consecutivo la sua “schwarze Null”, lo “zero nero” del pareggio di bilancio, è anche grazie a centinaia di miliardi di euro di servizio sul debito risparmiati negli ultimi anni. L´austerità di cui la Germania si vanta volentieri ha anche un padre italiano: Mario Draghi. Persino il boom del mercato immobiliare, che nelle grandi città ha ormai assunto i contorni di una bolla – secondo la Bundesbank – viene invariabilmente raccontata dal punto di vista dell´affittuario, mai di chi ha l´opportunità storicamente piú unica che rara di comprare case e terreni con mutui che in Germania vantano spesso tassi attorno all´1 per cento. E di guadagnarci, volendo, grazie a prezzi immobiliari che secondo l´associazione dei costruttori IVD stanno aumentando quest´anno del 6%, dopo un +5% registrato l´anno scorso. È vero che i tedeschi sono tradizionalmente dei grandi risparmiatori ma raramente dei proprietari di casa. Ed è altrettanto vero che detestano indebitarsi – la coincidenza nella parola “Schuld” di “peccato” e “debito” è un retaggio culturale serio, non solo una formuletta da conferenze stampa ed editoriali. Tanto che secondo un rapporto di Allianz la Germania è in coda, cioè al 20esimo posto tra i Paesi più ricchi, per attitudine a fare investimenti, giocare in Borsa o fare debiti. Nel 2015, i debiti sono cresciuti del 4,5 per cento al livello mondiale: in Germania neanche della metà, il 2,2 per cento. Ma il rapporto quantifica anche quanto costa la “Angst” tedesca agli stessi tedeschi. Se negli ultimi quattro anni avessero tolto soltanto dal 40% di patrimonio tenuto sui conti correnti a rendimento zero un 10 % e lo avessero investito in Borsa o in altre attivitá meno anestetizzate dei loro conti in banca, avrebbero gonfiato le loro ricchezze dal 3,4 al 4,4 per cento. Risultato: sarebbero stati più ricchi di 200 miliardi di euro. Hanno preferito essere più poveri e arrabbiati. Infine, nessuno che ricordi, come ha fatto l´unico economista keynesiano tra i “saggi della Merkel”, Peter Bofinger, che anche negli anni Settanta i rendimenti delle formichine tedesche venivano corrose da un´inflazione ben piú alta dei tassi concessi dalle banche, assicurazioni o fondi. All´epoca questa tipica “tassa occulta” non ha mai fatto vacillare nessuno, né ispirato foto del presidente della Bundesbank che fumasse rotoli di deutschmark.
Tonia Mastrobuoni