Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2016
In stallo l’intesa tra Ue e Canada
Bruxelles Il futuro del trattato commerciale con il Canada rimane incerto dopo che la Vallonia ha bocciato l’accordo, noto con l’acronimo Ceta. I Ventotto hanno negoziato ieri una nuova dichiarazione interpretativa da associare al trattato, nella speranza di convincere la regione belga. C’è ancora speranza che una intesa possa giungere entro fine mese, ma l’iter di ratifica si sta dimostrando talmente irto di ostacoli che a rischio è il futuro stesso della politica commerciale europea.
I Ventotto si sono riuniti ieri qui in Lussemburgo con l’obiettivo di dare ufficialmente il benestare unanime all’accordo di libero commercio euro-canadese, in vista della firma ufficiale prevista il 27 ottobre. Così non è stato possibile perché il governo belga non ha potuto dare il suo assenso. L’assetto federale belga prevede che le regioni di cui è composto il paese debbano dare il loro via libera. Venerdì scorso, la Vallonia ha bocciato nei fatti il Ceta (si veda Il Sole 24 Ore di sabato).«Speriamo di finalizzare l’iter diplomatico presto, in modo da firmare l’intesa la settimana prossima», ha detto in una conferenza stampa la commissaria al commercio Cecilia Malmström. «Il negoziato è intenso (...) Se non pensassi che si può trovare una intesa, non continuerei a discutere». Il Ceta dovrebbe abolire i dazi tra Europa e Canada al 98%. «In ballo vi è più del trattato commerciale con il Canada. In gioco vi è la credibilità della politica commerciale europea», ha aggiunto la signora Malmström.
L’entrata in vigore del trattato, fosse solo provvisoria, è quindi ancora in forse. I ministri responsabili del commercio dell’Unione hanno ritoccato ancora una volta la dichiarazione interpretativa che deve essere associata al trattato e che ha come obiettivo di rassicurare le opinioni pubbliche su una intesa commerciale che in tempi di crisi economica preoccupa molti europei, non solo i valloni. «Vogliamo assicurare che gli standards europei saranno protetti», ha detto la signora Malmström.
La riunione di ieri non è stata segnata solo dalla questione belga. Anche la Germania, l’Olanda e la Polonia hanno posto problemi politico-giuridici. Inoltre, a complicare le trattative sono anche i romeni e i bulgari che colgono l’occasione del negoziato euro-canadese per chiedere per i loro cittadini la piena reciprocità dei visti tra Canada e Unione europea. Attualmente bulgari e romeni devono avere un visto per andare oltre-Atlantico, a differenza degli altri europei.
Commentando l’esito della riunione, il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha criticato i partner europei che durante il vertice hanno sollevato «eccezioni di natura formale», non accettabili in un campo, quello commerciale, nel quale la Commissione europea ha competenza esclusiva e ha negoziato in nome e per conto dei Ventotto. Il ministro ha notato che l’iter accidentato a cui viene sottoposto il Ceta rischia di indurre potenziali partner commerciali a rifuggire da trattative commerciali con l’Unione.
Dal canto suo, ribadendo che il governo belga è favorevole all’intesa, il ministro degli Esteri belga, il liberale francofono Didier Reynders, ha spiegato qui in Lussemburgo che «l’obiettivo è quello di fare dei progressi entro il vertice» di giovedì e venerdì quando i leader dei Ventotto si riuniranno a Bruxelles. Interpellato lunedì sera, il ministro-presidente della Vallonia Paul Magnette è rimasto possibilista: «Abbiamo bisogno ancora di qualche giorno».
La partita belga ha tre aspetti. Il primo, naturalmente, è il confronto tra il Belgio e l’Unione. Il secondo è il contrasto tra il governo belga di centro-destra e il partito socialista che governa la Vallonia. Il terzo è il braccio di ferro all’interno dello stesso partito socialista belga (PS) tra Magnette, leader dell’ala più moderata, ed Elio Di Rupo, ex premier, presidente del PS e leader dell’ala più conservatrice, che della lotta contro il Ceta ha fatto un suo cavallo di battaglia anche personale.Beda Romano
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Se un piccolo parlamento tiene in ostaggio l’Unione
Non è solo l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada che rischia di saltare per il voto contrario del parlamento della Vallonia della scorsa settimana. È in gioco la natura stessa dell’Unione europea che subirebbe una umiliazione profonda se dovesse passare l’idea che basta il parlamentino di una regione belga, più piccola della Puglia e con meno abitanti, per bloccare un accordo di cui si parla dal 2009 e che, al netto di Brexit, riguarda circa 500 milioni di persone.
Non che altre vicende recenti non abbiano messo a nudo le difficoltà generali in cui si dibatte il progetto europeo, ma il fallimento del Ceta, Comprehensive economic and trade agreement, può segnare una svolta su una strada senza ritorno per la Ue.
Alla Commissione resta un’arma da utilizzare contro il Belgio, se non ratificherà l’accordo Ceta: la procedura di infrazione in base all’articolo 4 del trattato sull’Unione europea che al paragrafo 3 stabilisce il principio di leale cooperazione, in base al quale «l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati». Inoltre, afferma il trattato, «gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione». Gli Stati membri «facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione».
Ce n’è abbastanza per aprire una procedura di infrazione contro il Belgio, come è già accaduto in passato. E i precedenti sono a favore della Commissione. Resta da vedere se Jean-Claude Juncker, sempre più eterodiretto da Berlino tramite il capo di gabinetto, Martin Selmayr, avrà il coraggio di andare allo scontro che potrebbe essere non solo con il Belgio ma anche con la Germania, dove il via libera del Bundestag all’accordo è stato subordinato dalla Corte costituzionale ad una serie di condizioni di portata ancora sconosciuta.
L’esito che rischia di profilarsi sul Ceta era ampiamente prevedibile, dopo che a metà maggio la Commissione Ue – con una vera e propria piroetta – aveva deciso che l’accordo con il Canada sarebbe stato considerato accordo “misto” e non “multilaterale”, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere ratificato da una trentina di parlamenti nazionali e regionali. Ancora più grave del voto della Vallonia è, per certi versi, la decisione della Corte costituzionale tedesca che la scorsa settimana ha dato l’ok alla ratifica dell’accordo da parte della Germania, ma ha posto una serie di condizioni il cui peso si conoscerà nel dettaglio solo lunedì, con la pubblicazione della decisione. I negoziatori europei temono che queste condizioni possano creare nuovi ostacoli. Ciò che è già ora è evidente è che il fallimento del Ceta sarebbe una umiliazione per l’Unione europea, la cui politica commerciale «entrerebbe in un coma profondo». In attesa di ratifica ci sono sette altri accordi commerciali che riguardano 31 Paesi e 20 negoziati in corso con altri 50 Paesi. Tra questi il Ttip con gli Stati Uniti, più quelli con il Giappone e il Messico. La credibilità dell’Unione in qualsiasi negoziato sarebbe duramente messa in discussione.
Ma il danno reputazionale sarebbe enorme anche agli occhi dei cittadini europei. «Nessuno ci obbligava a negoziare un trattato con il Canada. Dopo 7 anni di trattative non si può buttare all’aria tutto, inseguendo le mode del momento. Così salta l’Unione, si distrugge il mercato interno che è la fonte della nostra ricchezza. Si trasforma definitivamente l’Unione europea in una baracca intergovernativa che non avrebbe più alcun senso».
È il momento che la Commissione Juncker prenda coraggio, si affranchi – per quanto è possibile – dalla tutela tedesca e vada a fondo in questa vicenda, applicando i trattati e imponendo al governo belga la ratifica dell’accordo con il Canada.
I precedenti ci sono e riguardano lo stesso Belgio ma anche la Germania. Quest’ultima, in particolare, ha subito una procedura di infrazione per la mancata ratifica di un accordo sul traffico aereo con gli Stati Uniti tra il 2010 e il 2011. A riprova di quanto fosse forte la posizione della Commissione, la Germania decise di non andare davanti alla Corte di giustizia per opporsi alla procedura, ma preferì adeguarsi alla richiesta di Bruxelles. Giuseppe Chiellino
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La Parola chiave: Ceta
«Ceta» è la sigla di Comprehensive Economic Trade Agreement, l’accordo di libero scambio concluso tra Ue e Canada che la Commissione ha detto di considerare «il migliore accordo commerciale» mai siglato dall’Unione, ma ci sono resistenze nazionali. L’intesa, raggiunta nel 2014, riduce le barriere commerciali tra i due mercati. Dev’essere approvata sia a livello nazionale che europeo.