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 2016  ottobre 19 Mercoledì calendario

Le aziende si offrono per la scuola-lavoro

Roma Oltre seicentocinquantaduemila studenti in quasi centocinquantamila imprese, uffici pubblici e privati, nelle associazioni di categoria e nelle onlus, nel no profit e in fabbrica. E di questi oltre 227 mila arrivano dai licei. «Abbiamo infranto un tabù» dice la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini mentre presenta il bilancio del primo anno di alternanza scuola-lavoro, uno dei punti della Buona scuola che obbliga tutti gli studenti del triennio delle scuole superiori a 200 ore (400 per gli istituti tecnici e professionali) di formazione in aziende e uffici. Lo scorso anno l’obbligo ha riguardato soltanto le terze: ha partecipato il 90,6% del totale. L’obiettivo è raggiungere il milione e mezzo di studenti una volta entrati a regime.
«Abbiamo affrontato tre sfide – dice la ministra —: una economica, una sociale e una culturale, soprattutto, che significa superare il ‘900 e rimettere in discussione il modello avuto fino a quest’anno; c’è un mondo che si è messo in moto e c’è un mondo delle imprese che si vuole candidare a studiare la migliore qualità dei percorsi». Ci sono cento milioni di euro all’anno destinati al progetto. E decine di aziende, enti, uffici, pronti a rispondere alla chiamata. La maggior parte, fa i conti anche la Cgil in un dossier apposito, sono piccole o micro imprese sul territorio, questo però, «non aiuta il controllo della loro capacità formativa», sottolinea il sindacato, rischiando di realizzare percorsi di alternanza «più deboli e di minore qualità». La stessa ministra riconosce che «in passato ci sono state anche esperienze negative», ma «entro fine anno gli studenti avranno la Carta dei diritti e dei doveri che servirà da bussola». Perché, sottolinea il sottosegretario Gabriele Toccafondi che ha seguito il progetto dall’inizio, «l’alternanza è scuola a tutti gli effetti perciò deve essere fatta e bene».Intanto c’è un sito internet cui fare riferimento ( www.istruzione.it/alternanza ) e il Registro nazionale con iscritte (finora) 500 organizzazioni tra aziende, enti, associazioni, amministrazioni, ordini che offrono oltre 7 mila periodi di formazione. E la Giannini promette anche che «nella stesura della legge di bilancio saranno previsti degli incentivi per le aziende che assumono studenti».E poi lancia «I campioni dell’alternanza» con 16 organizzazioni pronte a offrire periodi di formazione e orientamento agli studenti del triennio. Posti per 27 mila studenti in aziende come Coop, Bosch, il Consiglio Nazionale Forense, Dallara, General Electric, Hewlett Packard, Ibm, Intesa San Paolo, McDonald’s, Zara, Accenture, Fca, Eni, Loccioni, Fai, Poste Italiane: ognuna di loro ha presentato al Miur un progetto con formazione in azienda e a distanza, prove sul campo e realizzazione di progetti ex novo.Gli studenti però chiedono «salario e tutele». Alcuni di loro, del Fronte Gioventù Comunista, ieri mattina hanno protestato al Miur: «L’alternanza ha fornito alle imprese 500 mila studenti a basso costo che troppo spesso svolgono le mansioni di un lavoratore dipendente», allora, dicono, «limitiamo gli orari, l’alternanza deve insegnare il valore del lavoro non prepararci a sfruttamento, precarietà e assenza dei diritti».

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Interviste di Valentina Santarpia

«Tutti i giorni dalle 8 tra progetti, collaudi e rispetto delle regole»
A Davide Picerno, 16 anni, è stata concessa addirittura la scelta: «Siamo fortunati: all’Istituto tecnico industriale Pininfarina di Moncalieri (Torino) al terzo anno abbiamo avuto ben 20 aziende che sono venute a presentarsi: poi siamo stati noi studenti a dare le preferenze. Io ho optato per la Microtecnica di Luserna San Giovanni, dove andavo ogni mercoledì e dove poi ho trascorso anche 3 settimane quest’estate, ogni giorno dalle 8 alle 16.45». Per Davide, che si sta specializzando in Meccanica, è stata un’esperienza «utilissima»: «Ho lavorato sulle valvole anti-ghiaccio applicate alle ali e ai motori degli aerei: ho iniziato studiando tutti i progetti, poi sono passato a vedere come venivano fabbricate e montate, infine ho assistito ai collaudi. Non c’è stato un solo giorno in cui mi sono annoiato, il tutor aziendale mi coinvolgeva sempre in qualcosa di interessante». E l’impatto col mondo del lavoro? «Importantissimo: non è come a scuola, bisogna coordinarsi, rispettare regole e scadenze, sono cresciuto».


«Inizio problematico. Poi abbiamo visto la vita di una startup»
«Tempo sprecato, l’anno scorso eravamo tutti imbufaliti». Vittoria Ius ha 17 anni e frequenta il IV anno del liceo classico Aristofane a Roma. Quando l’anno scorso è stato introdotto l’obbligo dell’alternanza, la scuola si è data da fare per procurare agli studenti gli stage. Ma non tutto è andato per il verso giusto: «Avevamo una collaborazione con l’Ordine dei biologi ma le ore di alternanza le abbiamo passate ad ascoltare conferenze. Poi ci sono state assegnate delle ore alla Sapienza, per provare gli esperimenti chimici: ma eravamo in gruppo in piccoli laboratori dove non c’era neanche una sedia, dalle 15 alle 19. Alla fine scopiazzavamo la relazione tra di noi e finiva lì. Ci hanno fatto persino passare delle gite come alternanza, alla Biblioteca Vallicelliana e agli scavi di Vejo. Interessanti, ma non era scuola-lavoro, no? Quest’anno sta andando un po’ meglio. Siamo per due settimane a seguire le startup alla Luiss e abbiamo già presentato un business plan. Speriamo bene».

«Grazie al programma ho già un impiego. Ora punto a laurearmi»
Luca Pierfederici, 19 anni, si è diplomato tre mesi fa ma ha già un lavoro: «Grazie all’alternanza scuola lavoro», rivendica con orgoglio. All’istituto tecnico Pacinotti Archimede di Roma ha partecipato a diverse esperienze in azienda, «ma quella più significativa è stata alla Wink srl, dove adesso ho un contratto di apprendistato come tecnico informatico». Un impegno gravoso? «No, passavo in azienda un paio di giorni al mese, per non restare indietro con le altre materie. In azienda mi hanno soprattutto chiesto di mettere mano ai loro lavori, ma ho anche contribuito a realizzare la grafica di alcuni siti: ho imparato tantissimo, lo consiglierei a chiunque. A scuola a volte quello che si studia è un po’ obsoleto, mi sono dovuto mettere a farlo per conto mio per partecipare ai progetti in azienda. E così, prima ancora che mi diplomassi, mi hanno chiesto di andare a lavorare con loro: sono stato felice, ma ho chiesto un part-time. Mi sono iscritto a Informatica alla Sapienza, voglio anche laurearmi nel frattempo».


«Formazione in classe ed esperienze sul campo. Ecco le mie 60 ore»
«Quello che ho imparato? Soprattutto la fiducia in me stessa, a relazionarmi con il pubblico, a essere sicura di me e delle mie capacità, a presentarmi ai superiori»: Martina Brescia, 16 anni, frequenta il liceo linguistico Gian Battista Vico di Napoli, e lo scorso anno ha trascorso 60 ore a studiare e a lavorare col teatro San Carlo. «Ho fatto la guida scolastica e turistica, l’accoglimento in sala, ho lavorato per il museo annesso al teatro», racconta. Molte ore di alternanza in realtà le ha anche passate in classe: «Abbiamo studiato la storia del teatro, e di tutta quell’area: un patrimonio artistico e storico inestimabile, di cui sapevo ben poco. Le conoscenze approfondite in classe con i professori ci hanno permesso di guidare i gruppi senza difficoltà. Anzi, abbiamo anche preparato una brochure per il Comune di Napoli, nelle tre lingue che studiamo, inglese, francese e spagnolo. Speriamo che la adottino!».