La Stampa, 19 ottobre 2016
Gli accademici e i Nobel mancati . «Il problema degli italiani? L’Italia»
Quello dell’accademia svedese per il Nobel per la chimica è un «verdetto incompleto». L’Italia è stata esclusa perché da noi la ricerca è bistrattata, la nostra reputazione all’estero ne esce malconcia e diventa quasi una macchia per il curriculum dei nostri scienziati.
È quanto sostengono i rettori dell’Università di Bologna Francesco Ubertini, di Firenze Luigi Dei e di Trieste Maurizio Fermeglia, insieme a professori di una dozzina di atenei, e c’è pure il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, indicato per guidare il progetto del governo per il dopo Expo a Milano, Roberto Cingolani. Ci sono il direttore della Normale di Pisa Vincenzo Barone, il presidente del Cnr Massimo Inguscio e vari membri dell’Accademia dei Lincei.
Dopo scambi di mail e telefonate indignate, hanno scritto una lettera aperta in cui parlano di «grande opportunità persa». Secondo loro il premio andato a tre colleghi, Stoddart, Sauvage e Feringa spettava al chimico Vincenzo Balzani. Era in lizza, ma i premi possono avere al massimo tre vincitori: «Sulla torre erano in quattro – scrivono – uno è stato buttato giù».
Ma Balzani è stato un innovatore assoluto nelle «macchine molecolari», molecole capaci di fare movimenti precisi in base a uno stimolo, come un raggio di luce, in un certo senso di essere telecomandate. Nanotecnologia e biomedicina le possibili applicazioni. I prof italiani denunciano un paradosso: «Molte delle nanomacchine citate nella motivazione del premio non avrebbero funzionato – forse non avrebbero neppure visto la luce – senza di lui».
Balzani avrebbe pagato l’essere italiano. «A questi livelli non basta il curriculum. Occorre che gli scienziati siano supportati dalla comunità nazionale: atenei, grandi enti di ricerca, accademie, società, ministeri». L’appello chiama per nome i responsabili: «L’indebolimento sistematico della ricerca di base, allo stremo dopo decenni di sottofinanziamento e regolata da sistemi di reclutamento, funzionamento e valutazione non sempre adeguati». Ecco il punto: «Un sistema fortemente indebolito è percepito come tale all’estero». Nulla contro i tre premiati – scrivono – «ma il verdetto fornisce una rappresentazione incompleta della tematica scelta». Non un caso isolato, c’è il precedente della «clamorosa esclusione di Nicola Cabibbo e Giovanni Jona-Lasinio dal Nobel per la Fisica 2008».
«È un’ingiustizia – spiega Elio Giamello, dell’Università di Torino – uno dei tre doveva essere lui». Ma l’Accademia di Svezia non è autonoma nelle sue decisioni? «Non è questo il punto: c’è una parte della valutazione che tiene sicuramente conto dei meccanismi di “lobby” in senso buono, che riguardano il sistema Paese e l’autorevolezza di un’istituzione scientifica». Il docente basta cita l’ultimo bando Prin del governo, per la ricerca: «Poco più di 90 milioni di euro, pochissimi per un sistema nazionale: il costo di Higuain».
Adriano Zecchina, chimico e membro dell’accademia dei Lincei, conferma: «Il problema è l’Italia, non solo per il Nobel. Ho fatto parte di commissioni europee per i prestigiosi bandi Erc: si premiano persone, anche italiane, che in maggioranza lavorano in università all’estero. In cinque anni con questi bandi l’Italia ha perso qualcosa come 500 milioni. È drammatico, ma consiglio agli studenti di fare ricerca all’estero».