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 2016  ottobre 19 Mercoledì calendario

A sorpresa torna l’inflazione. Nuovi dilemmi per i governatori

ROMA Come un fiume carsico, l’inflazione sembra essere riemersa nei Paesi avanzati dopo mesi. È ancora troppo presto per dichiarare estinto il rischio di deflazione che aveva fatto preoccupare molti osservatori.
Ma se la salita dei prezzi dovesse continuare, sarà più difficile per le banche centrali giustificare le politiche espansive che hanno sostenuto la crescita in questi anni. Lunedì le stime di Eurostat hanno confermato che i prezzi nell’eurozona sono saliti dello 0,4% a settembre, rispetto a un anno fa. Ieri è stato il turno della Gran Bretagna, dove l’inflazione ha raggiunto l’1%, il punto più alto dal 2014. Anche negli Stati Uniti l’indice dei prezzi al consumo è salito dall’1,1% di agosto all’1,5% di settembre.
L’elemento in comune ai tre Paesi è la progressiva stabilizzazione del prezzo del petrolio. Ma ci sono anche dati specifici: in Gran Bretagna, il crollo della sterlina che è seguito alla Brexit dovrebbe, secondo molti analisti, spingere i prezzi ad aumentare di circa il 3-4% annuo. Il ritorno dell’inflazione avrà sicuramente effetti positivi sui Paesi più indebitati. Tuttavia non può essere soltanto festeggiato.
Negli ultimi anni, specialmente nell’eurozona, la crescita è stata sostenuta dai consumatori, che hanno beneficiato del potere d’acquisto più elevato grazie al calo del costo della vita. Questa parentesi felice potrebbe essere destinata a chiudersi.
La preoccupazione più forte riguarda però le banche centrali. Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra, ha già detto di essere disposto a tollerare un periodo di inflazione più alta pur di non danneggiare troppo la crescita. Ulteriori misure espansive, dopo quelle annunciate ad agosto, sembrano però improbabili.Nell’eurozona, la Banca centrale europea dovrà decidere a dicembre se estendere il programma di quantitative easing in scadenza a marzo. Previsioni di inflazione più alte renderanno più difficile la vita a chi, come il presidente Mario Draghi, sembra essere a favore di una prosecuzione degli acquisti di titoli di Stato.