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 2016  ottobre 16 Domenica calendario

Verdi, la forza del destino e amour fou

Il 14 gennaio 1858 Napoleone III si recava all’Opéra di Parigi per assistere al Guglielmo Tell di Rossini, opera eccelsa vecchia ormai di trent’anni, su una carrozza blindata in previsione di un eventuale attentato che puntualmente avvenne a opera di Felice Orsini con due complici. Ne uscì illeso e Orsini fu ghigliottinato il 13 marzo. Ma la lettera che Orsini scrisse dalla prigione in cui implorava l’Imperatore di concedere la libertà all’Italia commosse l’Europa ed ebbe un certo esito sull’immediato futuro. Verdi stava terminando Un ballo in maschera (oggi al Teatro dell’Opera di Roma) e ebbe motivi di disappunto perché la censura romana intervenne per mitigare la trama dell’Opera che stava per andare in scena, dato che vi si narrava di un sovrano ucciso da un amico indotto da un destino ineluttabile a compiere un gesto in realtà da lui stesso condannato. Verdi era fuori di sé. Già la censura borbonica a Napoli gli aveva stravolto il testo costringendolo ad adire le vie legali. Adesso ci si metteva la censura pontificia! Ma l’ebbe vinta e il Ballo in maschera andò in scena al Teatro Apollo di Roma il 17 febbraio 1859 con buon successo malgrado circostanze non del tutto favorevoli che impressero sull’Opera il giudizio superficiale e errato di lavoro buono ma non all’altezza dei capolavori di pochi anni prima.
Napoleone III non fece in tempo a rifletterci ma un curioso rapporto con l’altro supremo capolavoro rossiniano del Guglielmo Tell c’è. 
SIMILITUDINI
Il Gugliemo Tell è un inno alla libertà, alla natura, all’ amicizia, al senso del dovere e del rispetto, ma soprattutto all’impegno artistico rispetto ai fatti politici. E tutto ruota intorno alla festa, comprendente la scena di Gugliemo Tell che colpisce la mela sulla testa del figlio, indetta per celebrare il centenario della dominazione austriaca in Svizzera. La musica di Rossini è carica di quel senso di dignità e magnificenza dell’animo umano quando riesce a sbarazzarsi del giogo della dittatura. E nel Ballo in Maschera,la Festa da ballo è l’evento intorno al quale ruota tutta l’ Opera, che parla della forza implacabile di un destino contro il quale non ci si può opporre senza distruggere, però, la vera sostanza dell’essere umano che, se stoicamente consapevole di sé, resta sereno nel dolore, tranquillo nell’angoscia e sicuro persino nella apparente sconfitta. E questa è la beethoveniana quintessenza del Ballo. Verdi ne prese il soggetto dal Gustave III ou le bal masqué di Eugène Scribe che aveva già ispirato altre Opere liriche tra cui una notevole di Daniel Auber. Si ispirava a un episodio vero: nel 1792 Gustavo III di Svezia fu assassinato in oscure circostanze durante un ballo a corte. Con Antonio, autore del libretto, Verdi trasferì la vicenda alla fine del 600 in America dove protagonista è il Conte Riccardo governatore della colonia inglese di Boston. Si prepara il ballo e Riccardo ama riamato (ma non ne è così sicuro all’ inizio) Amelia moglie del suo miglior amico nonché segretario, il creolo Renato. Tutto si gioca intorno all’indovina (di razza nera, precisa il libretto) Ulrica. Proprio in quel momento di allegra preparazione, infatti, viene portato a Riccardo per la firma il bando di espulsione dell’ indovina. Lui si incuriosisce e decide di andarla a trovare nel suo antro tenebroso proprio mentre i congiurati si stanno preparando all’ attentato contro di lui. Per non farsi riconoscere da Ulrica Riccardo si traveste da pescatore ma l’indovina lo scoprirà predestinandogli la morte imminente per mano di un amico che, naturalmente, sarà Renato e l’impossibile si compirà per un ineluttabile e fosco destino come intuisce fin da subito il paggio Oscar che accompagna sempre il Governatore. Ebbene è divertente ricordare come Rossini, mentre componeva il Guglielmo Tell, amasse scherzare su se stesso. Raccontava come avesse maturato contestualmente una grande passione per la pesca, praticata però goffamente, ribadendo ancora una volta di dare più peso al passatempo che al passare del Tempo dell’Arte che veniva intanto consacrando. Ma, sotto sotto, trapela il pescatore di uomini, per cui Cristo chiamò Andrea e Simone detto poi Pietro, mettendoli in condizione di agire per perpetuare un futuro di riscatto e salvezza. Il Ballo è uno dei momenti in cui Verdi assume veramente l’aspetto dell’artista-demiurgo che adombra la necessità e la bellezza del destino e la musica tocca vertici incomparabili di ecumenismo emotivo e espressivo.