Corriere della Sera, 16 ottobre 2016
Mario, l’altro figlio di Fo: porto il suo teatro nel mondo
L’ultimo spettacolo Dario Fo l’ha recitato con lui. «Il 12 settembre, una settimana prima del suo ricovero, siamo andati in scena a Cesenatico con Darwin. Dario era stanco, ma fantastico» ricorda Mario Pirovano, 66 anni, attore e collaboratore storico del Nobel e Franca Rame. Presenza discreta, amico fedele, «uomo ombra» della compagnia teatrale, per tanti anni factotum in scena e fuori scena. «A Dario e Franca devo tutto. Hanno cambiato la mia vita» racconta. Pirovano non nasce attore. «Nasco povero, a 12 anni lavoravo già. Ho fatto il contadino, il garzone, il commesso... A 24 sono emigrato a Londra». Anche qui mille mestieri, finché approda in un’agenzia di viaggi. «Avevo un posto fisso e una bella casa». Ma una sera finisce a vedere uno spettacolo di due italiani con uno strano titolo. «Mi stero Buffo. Non ne sapevo niente. A me piaceva solo il rock». Temeva di annoiarsi. «Invece risi per due ore filate. E in quelle storie di villani e poveracci riconobbi la mia storia». Alla fine vuole stringere la mano a quei due guitti straordinari. «Furono gentilissimi. Franca mi invitò a tornare». Pirovano non se lo fa ridire. «Tornai ogni sera per un mese intero».
Nel frattempo entra in confidenza con i due, la sua conoscenza dell’inglese e la sua versatilità lo rendono prezioso. «Vieni a lavorare con noi» gli dice Franca. «Ora che ho un impiego sicuro? E poi... Io di teatro non so niente». Ma la tentazione è forte, molla tutto e parte per Milano. «Non avevo dove stare, Franca mi offrì la stanza di Jacopo. Dovevo fermarmi qualche giorno, restai dieci anni».
In teatro fa di tutto: l’elettricista, l’aiuto macchinista, il direttore di scena, l’aiuto regista. E vende pure i libri e i dischi. «Li seguivo ovunque, grazie a loro ho conosciuto il mondo. In realtà mi hanno adottato. Tanto che Jacopo mi chiama Mario Fo. E Franca si definiva la mia mamma C». Quella che seguiva la A e la B. «Sono stato abbandonato da mia madre biologica, adottato da una famiglia di contadini. Poi sono arrivati Dario e Franca...».
Padre e madre di teatro. «Sera dopo sera ho mandato a memoria i loro copioni, ho imparato ogni segreto del mestiere». Finché un giorno ad Alcatraz, la libera università inventata da Jacopo, per tener buoni dei bambini si mette a recitare la favola di Gesù che fa volare gli uccellini di creta, da Mistero Buffo. I piccoli apprezzano, la voce corre. «Dario mi telefonò: “Mi dicono che devo appendere il cappello al chiodo” scherzò». Però era curioso. «Una sera arrivò di soppiatto. Il giorno dopo mi chiamò: “Ti ho visto, hai la forza di un leone”». Poco dopo, a una lezione all’Università di Firenze, gli studenti chiedono a Fo di recitare qualcosa e lui li dirotta su Mario. «Ero così agitato che non mi veniva la voce. Dario capisce ed esce dall’aula. Allora attacco. E sono risate e applausi. Alla fine Dario rientra e mi solleva il braccio come a un pugile vincitore».
Da quel momento Pirovano va per la sua strada. Da solo, ma sempre con i testi di Fo. Recitati a modo suo, senza vane imitazioni, portati in scena, grazie alla conoscenza delle lingue, in mezzo mondo. «Dagli Usa all’America Latina, dall’Europa all’Asia». E la storia continua. «Sarò a Feltre con Mistero Buffo, un’occasione molto speciale. Sono certo che Dario sarà da qualche parte nascosto tra il pubblico».