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 2016  ottobre 15 Sabato calendario

Una pattuglia di 140 uomini schierata in Lettonia per dimostrare l’unità della Nato

I soldati italiani saranno parte di uno dei quattro «battle group» che la Nato ha deciso nel corso dell’estate di schierare ai confini con la Russia con funzione di deterrenza o, come la definiscono ai piani alti del governo, «dimostrativa». Quanto annunciato ieri dalle pagine di questo giornale dal segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, trova conferma nelle parole dei ministri della Difesa e degli Esteri. Al vertice Nato svolto a Varsavia nel luglio scorso, presenti Pinotti e Gentiloni, ma anche il presidente del Consiglio Renzi, «è stata data anche dall’Italia la disponibilità di fornire una compagnia, quindi con numeri non molto consistenti – spiega all’ora di pranzo la responsabile della Difesa, Roberta Pinotti – all’interno di una organizzazione che prevede il coinvolgimento di moltissime nazioni della Nato». 
La decisione di inaugurare questi «battle group» è stata presa per rassicurare le repubbliche baltiche e la Polonia impaurite, dopo la crisi ucraina, da una potenziale politica aggressiva russa. Quattro-cinquemila saranno in tutto gli uomini dispiegati dai vari Paesi dell’Alleanza, forze «non definitive e a rotazione», come sottolinea la ministra Pinotti, «per non dare l’idea che si ricrei una cortina da guerra fredda». Se in Lettonia, dove saranno inviati i nostri soldati, il comando verrà assunto dal Canada, in Lituania sarà invece la Germania a guidare; in Estonia la Gran Bretagna, che annunciò a suo tempo l’invio di 600 militari; in Polonia saranno gli Stati Uniti, che già hanno previsto di mettere a disposizione un migliaio di uomini. La disponibilità italiana parte dal 2017, anche se ieri Stoltenberg ha fissato all’anno dopo, il 2018, il via all’operazione. I nostri soldati saranno accolti in una base militare dove non hanno compiti offensivi ma faranno esercitazioni e attività addestrative: di fatto, però, non conta tanto quel che faranno, ma il solo fatto di esserci. Se infatti dovesse mai arrivare da Mosca un attacco, si tratta di numeri insufficienti a respingerlo, fanno notare fonti militari: ma quello che conta è la presenza di questa forza multinazionale, è dimostrare un’unità della Nato e un coinvolgimento di tutti i Paesi che ne fanno parte a sorveglianza dell’integrità politica e territoriale di alcuni dei suoi membri più recenti. Una dimostrazione di forza, «show of presence», la chiamano in linguaggio militare, per ricordare ai vicini russi l’esistenza dell’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, secondo cui l’attacco a uno Stato aderente costituisce un attacco verso tutti.
«Non si tratta di una politica di aggressione nei confronti della Russia, ma di rassicurazione e difesa dei nostri confini come Alleanza», predica il capo della Farnesina Paolo Gentiloni, assicurando che la decisione «non influisce minimamente nella linea di dialogo che l’Italia ha sempre proposto». Stesso significato nelle parole della collega Pinotti: «L’Italia fa parte di un’Alleanza, e anche per portare con più forza la propria voce – che è l’invito a non fare una escalation, ma anzi a riaprire canali di dialogo – quando vengono prese decisioni comuni, dà la sua piccola parte di contributo». Una decisione, insomma, che non vuole avere una valenza bellicosa nei confronti della Russia: tanto più che, ricordano dalla Difesa, già l’anno scorso per otto mesi l’Italia, su richiesta della Nato e in particolare dei Paesi baltici, ha inviato quattro aerei a fare sorveglianza su quei confini a rotazione con altri Stati membri. 
Eppure, parte del mondo politico italiano e anche fonti di Mosca non interpretano in modo così innocuo la scelta. Dal punto di vista tecnico il contingente è piccolo. Ma dal punto di vista politico lo schieramento di uomini ai confini rischia di restituire a Putin un messaggio di diffidenza, se non provocatorio. Un’iniziativa che, sottolinea un’autorevole fonte militare, ricorda la Amf, unità multinazionale che veniva immediatamente dispiegata durante la Guerra fredda in caso di crisi, proprio come deterrente, per mostrare la compattezza dell’Alleanza. Ma, appunto, erano gli anni della Guerra fredda.