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 2016  ottobre 15 Sabato calendario

Carlo Cracco: «Sono un papà come gli altri, tra lavoro e famiglia»


Le porte del ristorante si chiudono all’una di notte, quelle della vita normale si aprono invece alle sette e mezzo della mattina. Lì, non ci sono riflettori accesi, fan scatenati a fotografare piatti o chiedere autografi. Lì, Cracco torna Carlo. I padroni della scena sono i bambini, Pietro di 4 anni e Cesare di 2. «Questo è il modo migliore per cominciare la giornata, con loro e Rosa, la mia compagna, mi diverto e mi rilasso. In casa, sono loro i giudici». Sì, il severissimo giudice di Hell’s Kitchen e di Masterchef come tutti gli altri papà. «Beh, credo che sia giusto così, la famiglia è la parte più importante della vita, l’oasi di serenità, il vero momento di stacco». Con Pietro e Cesare ci sono Sveva e Irene, di 14 e 10 anni, le figlie della precedente unione. «Ed è bellissimo vedere come vanno d’accordo, come si completano, le ragazze hanno un innato istinto materno e quando ci riuniamo i piccoli si consegnano a loro totalmente». «Facciamo colazione, insieme, poi ci si prepara e via, è già tempo di accompagnarli a scuola». Qui finisce il primo momento, papà Cracco lascia il posto allo chef Cracco. È la sua giornata modello, «quella che vorrei fare sempre ma che invece cambia spesso. Un giorno c’è un catering, un altro un viaggio di lavoro, un altro la tv…».Ok, riannodiamo i fili. Ore 9.30. «Vado al ristorante, c’è già tanto da fare anche di mattina, controllare che tutto giri». Comincia l’immersione nella parte della vita che è lavoro. «Ma che continua per fortuna a essere piacere, anche. In cucina, nel ristorante mi sento io, totalmente. La tv è il presente ma non può essere il futuro, io sono chef e chef resterò». Sono i momenti che portano alla prima ribalta, il pranzo, dalle ore 12, «con le tensioni, la frenesia del servizio. Devo essere sempre attento alle richieste, da chi è venuto per la prima volta a chi invece ci conosce e tornando si aspetta carezze e novità». A guidare la brigata c’è Luca Sacchi, prima c’è stato Matteo Baronetto che ha spiccato il volo, ora al “Cambio” di Torino. «Come per la famiglia, anche qui io adoro condividere, insieme si fanno le cose migliori». Il momento creativo non ha un orario. «Le idee arrivano quando meno te lo aspetti. Così le scrivo sull’iPhone, subito. Poi le confronto con Luca. E ogni tanto ne nasce un piatto». La famiglia, il lavoro. C’è uno spazio per il fisico e per la mente. Gli piace il tennis («Ma gioco solo in vacanza, questa estate con Fiorello»), Djokovic gli ha fatto fare persino passerella al Forum durante il suo galà. Gli piace correre in auto («in pista, a Imola, con l’Audi, la Lamborghini. Avevo un idolo, Ayrton Senna, il migliore di sempre»). Più semplice è affidarsi a un personal trainer, subito dopo aver chiuso il ristorante a pranzo. Ore 15. «Sergione è il mio torturatore, maestro di arti marziali e osteopata. Faccio esercizi a corpo libero, spesso è la mia salvezza».La lancetta dell’orologio indica metà pomeriggio, arrivano le 16.30. Ci sono i figli da prendere a scuola, c’è ancora spazio per l’intimità. «Ceniamo insieme, con le galline perché poi devo scappare». Uno stacco per preparare la volata. Ore 20, il ritorno della tensione del servizio per la cena, quando il ristorante in centro a Milano riapre e le ore scorrono frenetiche tra un piatto riuscito, una foto con il cliente, una cazziata alla brigata seguita da un complimento. Si chiude, è l’una, da via Victor Hugo a casa ci sono dieci minuti di bicicletta. E c’è Rosa ad aspettarlo. «È il momento della sottrazione, quello in cui pensiamo alle nostre vite, ai programmi, a togliere». Sottrarre è un must della sua cucina. «Ma qui è più difficile, perché le scelte sono ancora più importanti». C’è il presente, il ristorante perché la tv è già stata registrata tempo fa («e mi riguardo raramente»). Ma c’è soprattutto il futuro. «Il 27 aprirò il mio primo locale a Mosca, “Ovo” è un’opportunità per me e per la cucina italiana contemporanea, proviamo ad utilizzare solo prodotti nostri anche se con l’embargo ancora non è facilissimo». Poi, nel percorso Milano, Mosca, Milano, ci sarà la Galleria. «E questa è un’altra bella sfida. Apriremo il prossimo anno dopo l’estate». Così arrivano le 2. Si spengono le luci. Il tempo si ferma, anche per uno che vorrebbe non fermarsi mai.