la Repubblica, 12 ottobre 2016
Anche per Tokyo 2020 una sindaca anti Giochi. Il Cio ha un’altra rogna
TOKYO Virginia Raggi ha una sosia giapponese, Yuriko Koike. Con una differenza: la governatrice di Tokyo, eletta a fine luglio, non ha potuto dire di no alla candidatura olimpica (come la collega di Roma), i Giochi erano già stati incassati. Però la prima cittadina della capitale nipponica ha lasciato disputare i Giochi di Rio e, finita la tregua olimpica, s’è messa l’elmetto in testa. Ha atteso che le venisse portato sulla scrivania il report chiesto al gruppo di esperti indipendenti guidato dal professore Shinichi Ueyama della Keio University sui costi olimpici e, dopo aver sfogliato con avidità le 97 pagine è balzata sulla sedia per le conclusioni: il costo totale di Tokyo 2020 supererà i tremila miliardi di yen (ventisei miliardi di euro), a meno di drastiche misure riduttive. «Tremila miliardi di yen? No, non voglio lasciare elefanti bianchi per i contribuenti, eredità negative» e «spero che la bandiera olimpica non sia troppo pesante». Ha detto subito, tanto per gradire. In realtà, più che uno studio, quello di Ueyama sembra un j’accuse al comitato organizzatore, per la mancanza di un amministratore delegato e di un direttore finanziario, di stime iniziali precise, l’uso di materiali hi-tech inutili e costosi e, guardando al futuro, la mancanza di utilità dei nuovi centri costruiti.
«È uno studio che prendo molto sul serio» ha fatto sapere la sindaca/governatrice, ed è subito passata ai fatti. Come? Seguendo al cento per cento le soluzioni proposte dal gruppo di esperti, tipo «spostare canottaggio e canoa fuori Tokyo, in un’altra location, e non costruire nuovi impianti per volley e nuoto ma ristrutturare l’esistente».
Apriti cielo. A quelli del canottaggio mondiale gli è preso un colpo: «Sono veramente sorpreso e deluso di sentire voci di un possibile cambio del campo gara, e non posso dire di più» ha detto Jean-Christophe Rolland, il n. 1 della federazione mondiale. Con imbarazzo in casa giapponese, per il vicedirettore Hiroshi Sato del comitato organizzatore preso in contropiede: le gare di canottaggio passerebbero dalla baia di Tokyo, il ‘Waterway Sea Forest’, a 400 chilometri più su, nella prefettura di Miyagi. Il Cio sta cercando di correre ai ripari prima che sia troppo tardi e John Coates, il capo della Commissione di coordinamento del Cio, ha chiesto lumi senza ottenere rassicurazioni. Le indicazioni della governatrice sarebbero di fare un bel maquillage nella zona di Ariake, dove ci sono il tennis, il volley e praticamente anche l’Aquatic Centre, e dove – da qualunque parte si guardi – si vedono lavori in corso accanto alle fermate metropolitane di Kokusai- Tenjijo (tennis), Ariake (volley) e Tatsumi (nuoto).
Ovvio che gli sforzi (economici) riguardano il bacino nella zona del porto, e per questo la Koike si chiede «se non sia normale procedura cercare soluzioni alternative», ma è evidente che non conosce il protocollo Cio, che ammette cambiamenti solo in accordo unanime. Ma Yuriko – etichettata come femminista, patriota e opportunista, una carriera fatta di passaggi da un partito politico all’altro senza mai impegnarsi davvero con nessuno – non s’è certo scomposta e ha ribadito il suo «dover rendere conto ai contribuenti», ricordando, sia pure perifericamente, la consulenza ben pagata (1,5 milioni di euro) in passato al figlio di Lamine Diack (ex membro influente della Iaaf) dal comitato organizzatore sul come presentare un progetto vincente, consulenza tuttora sotto indagine. Ma la governatrice è anche memore di essere stata eletta grazie agli scandali finanziari che hanno provocato la caduta dei suoi ultimi due predecessori, e sa di avere tremila miliardi di buone ragioni.