Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 09 Domenica calendario

La crisi e la bomba a orologeria dell’enorme debito mondiale

Mentre siamo impegnati nelle nostre beghe nazionali, c’è qualcuno che sta ragionando sul fatto che in giro per il mondo si avvertono sinistri scricchiolii che fanno temere (ai più accorti) che lo tsunami del 2008 potrebbe ripetersi con effetti ancora più devastanti? Ci sono orecchie che hanno ascoltato la previsione, fosca ma realistica (ahinoi), del ministro Calenda circa il fatto che il prossimo anno il commercio internazionale subirà un vero e proprio crollo? C’è qualcuno che si è preso la premura di essere andato a leggere il dato fornito dal Fondo Monetario circa il debito mondiale (pubblico e privato)? E se sì, dopo aver visto che ammonta la cifra record di 152.000 miliardi di dollari, ha calcolato che si tratta del 225% del pil planetario? Non si tratta di fare dell’allarmismo, ma di capire in quale congiuntura viviamo e che cosa ci attende. Il debito è sicuramente l’aspetto più preoccupante. Certo, stiamo parlando di situazioni diverse: Per esempio, il debito dei 34 paesi Ocse ha raggiunto la cifra mai toccata in tempo di pace di 45 mila miliardi di dollari, ma è pur sempre sotto il 100% della ricchezza prodotta da questi stessi paesi (48 mila miliardi). All’interno dei 34, poi, si va dal caso estremo del Giappone (244% del pil), si passa per il 133% dell’Italia, e si arriva fino al magro 26% dell’Australia. Ed è proprio il rallentamento dello sviluppo, legato alla crescente spirale deflattiva in atto, che mette a rischio la sostenibilità del debito. Infatti, crescendo meno del 6% (che comunque non è poco), la Cina potrebbe non riuscire a sostenere il proprio debito che, anche se nessuno ne conosce l’esatto ammontare, dovrebbe avvicinarsi al 300% del pil. Oltretutto, l’Fmi avverte che due terzi del debito mondiale sono in capo ai privati, e questo pone ancor più a rischio la stabilità finanziaria e frena la ripresa. Insomma, per un’economia in salute, debiti anche elevati sono un problema sostenibile. Se invece, il ciclo marcisce come nell’attuale stagnazione secolare, è difficile ripagare il dovuto. E la situazione è maledettamente complicata: il commercio mondiale sta rallentando verso il 3% dopo aver avuto tassi di crescita doppi negli anni passati; le banche sono piene di problemi (derivati e crediti deteriorati); il prezzo del petrolio oscilla vertiginosamente mettendo in pericolo le compagnie dello shale e spingendo verso il basso i prezzi, alimentando l’attuale spirale deflattiva. E, come se non bastasse, in conseguenza della liquidità pompata dalle banche centrali, le Borse sono schizzate con il risultato che oggi nel mondo c’è il 25% in più della massa di derivati esistenti al momento dello scoppio della grande crisi finanziaria mondiale. Infine, questa enorme montagna di debito è oggi sostenibile perché i tassi di interesse sono a zero, quando non negativi (in Europa, la metà di 5.620 miliardi di euro). Ma le feste, prima o poi, finiscono. La scadenza del Qe della Bce è prevista per marzo prossimo, mentre per la Fed ogni giorno è buono per alzare i tassi. In poco tempo i rendimenti negativi e i prezzi bassi si potrebbero trasformare in un boomerang, con la scintilla che potrebbe accendersi proprio all’interno della mastodontica bolla del debito mondiale. Occhio.