la Repubblica, 9 ottobre 2016
Ogni anno paghiamo 62 milioni per tenere le scorie nucleari all’estero
Le quattro centrali nucleari italiane sono spente ormai da trent’anni. Ma demolire le strutture, e smantellare le scorie, continua a essere un rebus senza soluzione. E soprattutto con un costo sempre più alto per gli italiani, che lo pagano attraverso la bolletta. La parte della tariffa elettrica che copre la gestione del defunto parco nucleare, affidata alla Sogin, è salita da 170 milioni di gettito nel 2013 ai 622 milioni del 2015, soprattutto per le spese di mantenimento all’estero delle scorie più pericolose.
Dal 2020 il materiale radioattivo dovrebbero tornare in Italia per essere stoccato nel Deposito nazionale, ma come spiega l’inchiesta di
Affari & Finanza
in edicola domani, di quell’opera da 2,5 miliardi non si parlerà per almeno un altro anno. La Carta nazionale che identifica le aree potenzialmente idonee a raccogliere le scorie, attesa dal 2015, si è fermata infatti nei cassetti del ministero dell’Ambiente per ulteriori approfondimenti. E ci rimarrà almeno fino all’autunno del 2017, in attesa che l’Unione europea approvi il piano italiano per la loro gestione. Allora inizierò una nuova partita: convincere i Comuni scelti a ospitare 100 mila metri cubi di rifiuti nucleari.