La Gazzetta dello Sport, 12 ottobre 2016
Milena Gabanelli, tutta vestita di rosso, s’è presentata l’altra sera al Tg1 e ha annunciato che condurrà Report per l’ultima volta quest’anno, e poi passerà la mano, senza però andare in pensione (ha 62 anni) e senza smettere di fare la giornalista, anzi magari continuando a fare l’inviata proprio per Report

Milena Gabanelli, tutta vestita di rosso, s’è presentata l’altra sera al Tg1 e ha annunciato che condurrà Report per l’ultima volta quest’anno, e poi passerà la mano, senza però andare in pensione (ha 62 anni) e senza smettere di fare la giornalista, anzi magari continuando a fare l’inviata proprio per Report.
• Lo sapevamo, l’abbiamo vista tutti. Fa
Report da vent’anni e a questo punto basta.
Al giornalista Paolo Conti, del Corriere della Sera, ha spiegato che non è una decisione polemica, che il lunedì sera come giorno di programmazione la va benissimo, aveva ventilato l’idea di mollare anche ai capi precedenti - direttore generale Luigi Gubitosi, direttore di Raitre Andrea Vianello - e quelli non volevano neanche sentirne parlare. L’ha ridetto ai capi attuali - Antonio Campo Dall’Orto e Daria Bignardi - e quelli, dopo aver fatto resistenza, essersi stupiti eccetera, hanno capito che la Milena faceva sul serio e si sono rassegnati. Dice Gabanelli: «Questa svolta mi provoca un lutto immenso, non credo sia difficile immaginarlo, però è anche venuto il momento di gratificare una squadra fortissima, preparata e in grado di raccogliere l’eredità, magari anche rigenerandola».
• Che squadra?
Ma gli inviati, gli autori delle inchieste. Bernardo Iovene, Stefania Rimini, Sabrina Giannini, ai quali si sono poi aggiunti Paolo Mondani e Giovanna Boursier, Michele Buono. Milena stava in studio a condurre e quelli andavano in giro a scovare quello che c’era da scovare. «Mi viene attribuito il merito anche del lavoro altrui, come se facessi tutto io. “Report è la Gabanelli”, dicono. Ma non è vero, e questo l’ho sempre vissuto come un peso, una sorta di sopruso.
• È veramente un sorpruso?
Qui sta uno dei misteri del nostro mestiere, quello che tanti lettori o spettatori magari non immaginano: la funzione essenziale di chi sta dietro ai giornalisti di prima linea, il lavoro di chi dirige, di chi valuta se quello che è stato scritto o girato sta in piedi, di chi critica e fa rifare o promuove, di chi decide di aprire su questo e di dare meno importanza a quello... Un giornale, o una trasmissione televisiva, è un insieme di tanti pezzi e l’arte di farli combaciare in un tutto armonico e sensato è rarissima. In altri termini: sono molti i giornalisti che sanno scrivere o fare buone riprese, sono pochissimi quelli che sanno fare un giornale dalla prima all’ultima pagina, dalla prima all’ultima inquadratura. Milena poi, campionessa nella difficile arte di cucinare il giornale, non è nemmeno giornalista.
• Come sarebbe?
L’ha raccontato lei stessa. Ha dato l’esame nel 1999, ha passato lo scritto ed è stata bocciata all’orale. «Giustamente: mi hanno fatto dieci domande e io ho saputo rispondere soltanto a una, o forse a due. Confesso che non è stata una bella esperienza, tanto più che con me c’erano alcuni dei miei allievi degli stage di formazione al giornalismo che sono stati tutti promossi. Purtroppo, non ho tempo da trascorrere sui libri, né di mandare a memoria il Franco Abruzzo, quindi non credo che ci riproverò. Pazienza, resterò pubblicista a vita. Invece, sono freelance da sempre semplicemente perché non c’è stato nessuno che m’abbia detto “ok, ti assumiamo”. Mai». Conferma di quello che abbiamo sempre saputo: l’ordine dei giornalisti e il relativo esame professionale sono inutili se non dannosi (Milena oltre tutto scrive, e benissimo, sul Corriere). E il posto fisso è una chimera dannosa da inseguire.
• Ci dice qualcosa, intorno al mestiere di giornalista, questo saluto della Gabanelli?
Ci dice molto intorno alla necessità del ricambio, e della conoscenza, da aggiornare di continuo, dei mezzi che ci vengono messi a disposizione dalle tecnologie. Intendiamoci, il giornalista robot non esiste e non esisterà mai, il fondamento del mestiere è e sarà sempre lo stesso: guardare, vedere, capire, raccontare. Non sarà certo la tecnologia a far grande chi non fa la fatica di indagare, come credono - cambiando campo - tanti magistrati convinti che i miracoli del Ris risolvano da soli i casi. Però è vero che è bene cambiare il punto di osservazione, occhi nuovi possono vedere cose di cui gli occhi di prima non saprebbero accorgersi, dico questo senza mitizzare la giovinezza e sapendo che l’esperienza, in questo e in altri mestieri, conta. La Gabanelli, infine, ci ha detto arrivederci dando un importante attestato alla Rai, azienda che non smettiamo di attaccare e criticare, forse non sempre a ragione: «Della Rai si può dire di tutto. Ma in tanti anni non ho mai subito una censura, nemmeno quando ci siamo occupati dei grandi inserzionisti». Non so di quanti editori si può dire la stessa cosa.