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 2016  ottobre 11 Martedì calendario

Deutsche Bank ed export, altre due fregature tedesche

Nell’Unione Europea c’è una norma ferrea, seppur ufficiosa: quando si parla di Germania, le regole sono flessibili. Al punto di chiudere entrambi gli occhi. Vuoi quanto si parla di rispetto delle norme sul surplus commerciale, che Berlino continua a violare in maniera clamorosa. Ma anche quando si parla di banche, cioè delle norme che la Germania chiede agli altri di rispettare. Ma che, con l’accordo (segreto) dei regolatori può violare senza penalità alcuna. 
È quanto è accaduto l’estate scorsa, a luglio, in occasione degli stress test sulle banche europee, spacciati per un esame severo e trasparente sullo stato di salute del credito del Vecchio Continente. Senza eccezioni. Salvo una. Il Financial Times ha scoperto che i risultati di Deutsche Bank sono stati abbelliti grazie ad un’operazione di maquillage esplicitamente permessa dagli sceriffi della Banca Centrale Europea. In sostanza, i regolatori hanno consentito che la banca tedesca, già in cattive acque, potesse includere nei suoi conti il controvalore della vendita della controllata cinese Hua Xia, 4 miliardi di euro, ancor prima che l’operazione fosse conclusa. Una concessione negata ad altri istituti, ad esempio alla spagnola Caixabank che nel dicembre scorso non aveva ancora completato una vendita da 2,65 miliardi. Spiacenti, non si può fare, hanno sostenuto in coro la Vigilanza della Bce e l’Eba, l’inflessibile autorità guidata da Antonio Erria che da anni segna con la matita rossa le infrazioni delle banche italiane. FAVORITISMI 
Ma Deutsche Bank, evidentemente, merita un trattamento speciale che non è stato accordato alle altre 50 banche esaminate. E così, nel computo del patrimonio, sono stati infilati i soldi della vendita cinese. Peccato che l’operazione non si sia ancora conclusa quattro mesi dopo l’esame. E forse, a giudicare dalle notizie in arrivo da Pechino, non si chiuderà tanto presto. E anche se così fosse, resterebbe il fatto che la banca ha sbandierato ai suoi tempi una consistenza patrimoniale che non le spettava.
Uno scandalo contro cui è insorto Nicolas Veron del Bruegel institute, il più autorevole centro di ricerche europeo: Bce ed Eba, ha chiesto, devono ora spiegare i criteri seguiti, senza dimenticare che Deutsche Bank, per le sue dimensioni, andava scrutinata con particolare attenzione. Un comportamento del genere, ha accusato Chris Wheeler, analista bancario di Atlantic, è un grosso danno per tutti, perché semina dubbi sul valore dei test. Per tutti, un po’ meno per il gruppo tedesco che, rivela Bloomberg, venerdì ha collocato obbligazioni per 3 miliardi tra i gestori Usa convinti che una banca così potente e così protetta sia in patria che a Bruxelles o presso le altre istituzioni europee non corre rischi di sorta. 
Nemmeno a Washington che, come già accaduto con Volkswagen, rappresenta l’unica autorità che non si piega alle regole della Germania uber alles. 
ESPORTAZIONI 
Intanto, e mentre Bruxelles si appresta a concedere col contagocce altri 2,8 miliardi di aiuti, la locomotiva dell’export tedesco va ancora su di giri. Ad agosto le esportazioni tedesche sono salite del 5,4% rispetto al mese precedente, il maggior incremento dal maggio 2010. Una performance resa possibile da una schiarita delle importazioni da parte della Cina, che resta il primo cliente delle auto tedesche e che cancella, almeno in parte, i timori accumulati nei mesi precedenti, causa una frenata della domanda estera di prodotti della Repubblica Federale che non ha però modificato il trend: il surplus commerciale di Berlino, che per le regole in vigore nella Ue non dovrebbe superare il 6%, viaggia allegramente oltre la soglia del 10%: ovvero 22 miliardi di euro (contro i 20 previsti). Il fenomeno non si spiega solo con l’indiscutibile qualità dei prodotti made in Germany. Basti dire che, prima dell’introduzione dell’euro, la realtà era ben diversa. È stata la moneta unica, assai più debole di quel che sarebbe il marco ma assai più forte di lira (o franco o peseta) a render possibile un duraturo exploit del colosso tedesco. Il rimedio, pur parziale, potrebbe esser rappresentato dl reinvestimento del surplus in infrastrutture ed investimenti nell’Eurozona. Ma Wolfgang Schaeuble ed Angela Merkel, non ci sentono. Tanto, le regole per la Germania non valgono.