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 2016  ottobre 08 Sabato calendario

Snapchat prepara una Ipo da 25 miliardi. Ma li vale davvero?

A meno di 24 ore dal crollo di Twitter a Wall Street dopo che l’interesse concreto per l’acquisizione da parte di Apple, Google o Disney ha dimostrato di essere assai meno concreto del previsto, o di quanto desiderato, il settore dei social media è tornato al centro dell’attenzione degli investitori grazie a Snapchat. La piattaforma di comunicazione statunitense, molto popolare tra i giovanissimi, sta infatti lavorando a un’offerta pubblica iniziale dal valore pari o superiore a 25 miliardi di dollari, che ne farebbe una delle maggiori ipo tecnologiche. Un risultato strabiliante viste le caratteristiche di Snapchat, per molti versi più simile a Twitter o Whatsapp che a Facebook, sinora l’unica ad aver dimostrato di aver messo a punto un modello di business sostenibile.
Snap, la società controllante di Snapchat, ha reso noto al mercato di prevedere per quest’anno ricavi tra 250 e 350 milioni che dovrebbero salire ad almeno 1 miliardo nel 2017, mentre l’anno scorso il fatturato si è invece attestato ad appena 60 milioni. Non ancora comunicato, invece, un dato fondamentale per valutare correttamente l’azienda, ovvero la redditività, anche se le indiscrezioni fanno supporre perdite importanti rispetto al fatturato, dal momento che il focus del management è ancora sull’allargamento della base di utenti attraverso investimenti in marketing, specialmente alla luce del progetto di quotazione.

Se i piani di Snap riusciranno ad andare in porto, si tratterà della maggior quotazione a Wall Street dal 2014, quando sui listini newyorkese è sbarcato il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba con una capitalizzazione di mercato di 168 miliardi di dollari. Snap interromperebbe inoltre l’impasse che sta affliggendo il resto delle startup definite unicorn, ovvero il ristretto gruppo di società con una valorizzazione superiore al miliardo di dollari in base ai diversi round di raccolta di capitali che non riescono però a sbarcare a Wall Street per i timori degli investitori sulle loro reali possibilità di successo. Molte di queste, come Dropbox, Pinterest, Square, BuzzFeed e la stessa Snapchat, si trovano infatti in una posizione ben diversa da quella di Facebook al momento della quotazione, sia a livello di conto economico sia per quanto riguarda solidità e replicabilità del modello di business. Le funzioni di Snapchat, che consente di condividere velocemente foto e brevi video tra amici sotto forma di breve storia, magari con brevi testi o effetti grafici, destinata a cancellarsi nel giro di 24 ore, non sono infatti uniche nel panorama ormai affollato di piattaforme di messaggistica istantanea. La vera differenza tra le varie piattaforme è infatti più basata sulle caratteristiche delle basi utente, con Snapchat fortissima tra i ragazzi dai 15 ai 20 anni, specialmente negli Usa, al contrario di Whatsapp (acquisita e ormai parte di Facebook) che vanta una distribuzione geografica e anagrafica decisamente più ampia e trasversale. Differenze, però, non molto ben difendibili dall’ingresso di nuovi e temibili concorrenti, specie poi se la base utenti è concentrata sui più giovani e, di conseguenza, inclini a cambiamenti dettati dalla moda del momento.
I 25 miliardi di valutazione indicati dalle fonti rappresenterebbero inoltre in considerevole premio rispetto ai valori di 17,8 miliardi raggiunti nell’ultima tornata di raccolta di finanziamenti perfezionata lo scorso maggio. Senza tenere conto che lo stesso modello di business attuale di Snapchat, pone qualche dubbio sulle possibilità concrete di raggiungere gli obiettivi posti. Snapchat basa infatti i ricavi su inserzioni pubblicitarie video poste a intervalli tra i filmati postati dai circa 150 milioni di utilizzatori sotto forma di storia, oppure su una percentuale del 30% dei ricavi raccolti da partner media come Conde Nast o Disney attraverso contenuti sponsorizzati e visibili all’interno dell’app stessa.
La stessa Snap e il suo co-fondatore e ceo, Evan Spiegel, sembrano però consci di queste difficoltà, tanto che una parte significativa del denaro raccolto in sede di ipo sarà investita nello sviluppo di soluzioni di realtà aumentata e realtà virtuale, ovvero la capacità di riconoscere elementi grafici od oggetti tramite smartphone o dispositivi dedicati e visualizzare poi informazioni relative a essi, considerate tra le aree più interessanti e calde del settore hi-tech. Snap, in particolare, ha sviluppato e presentato degli occhiali intelligenti, Spectacles, dotati di una videocamera senza fili capace di registrare i video senza utilizzare quella dello smartphone. Un passo avanti notevole sotto il profilo della comodità d’uso che pone però problematiche notevoli sotto il profilo della privacy, specialmente per l’uso da parte di non pochi adolescenti di filmare momenti intimi e privati con tutto quanto concerne il profilo legale.
Un’eventuale accoglienza positiva sarebbe comunque di buon auspicio per il mercato delle ipo sinora penalizzato, soprattutto per le aziende tecnologiche, dalla riluttanza di parte degli investitori ad accettare le valutazioni strabilianti raggiunte da molte startup della Silicon Valley. Finora sono sbarcate a Wall Street solo 19 società hi-tech, per una raccolta di appena 3,3 miliardi di dollari. (riproduzione riservata)