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 2016  ottobre 08 Sabato calendario

L’Ue vuole mettere un dazio sull’acciaio cinese. Ma per Antonio Gozzi, presidente della Federacciai, non basta

Un dazio provvisorio tra il 13,2% e il 22,6% per i coils a caldo provenienti dalla Cina. È questa la decisione assunta dalla Commissione europea al termine dell’indagine (avviata a febbraio) sull’importazione di questa categoria di prodotti siderurgici. Al momento è in corso un’analoga istruttoria anche sull’importazione di coils da altri paesi: nella seconda indagine sono coinvolti Brasile, Iran, Russia, Ucraina e Serbia.
Il provvedimento, di cui beneficeranno, in Italia, produttori come Arvedi e Ilva, giunge dopo un iter di inchiesta avviato in seguito a una denuncia di Eurofer, l’associazione che raggruppa i produttori siderurgici europei. Giunge cinque settimane prima della scadenza della procedura.
Gli strumenti antidumping decisi da Bruxelles riguardano anche altri prodotti piani (lamiere da treno, per le quali il dazio sarà di circa l 70%). Secondo Eurofer le importazioni di acciaio nell’Ue nel 2016 ha continuato a crescere a un ritmo superiore al tasso di crescita del consumo apparente sul mercato interno: nel primo quadrimestre sono aumentate del 24% anno su anno, con una divergenza tra i prodotti lunghi (+33%) e i piani (+11%). La Cina resta il principale esportatore, seguita da Russia, Ucraina, Corea del Sud e Turchia. In generale l’import extra Ue in Italia di questo segmento di prodotto, secondo i dati Federacciai, ha raggiunto nei primi sei mesi dell’anno 3 milioni di tonnellate, a fronte di 6 milioni di produzione interna e 3,3 milioni di tonnellate di import da paesi comunitari). L’Italia è stata fino a oggi il quarto mercato mondiale in assoluto per i prodotti piani cinesi (dopo Corea del Sud, Vietnam e India).
Le inchieste comunitarie hanno confermato, secondo quanto indica la Commissione, che i prodotti cinesi sono stati venduti in Europa a prezzi di dumping molto bassi. Per fornire alle imprese del settore un margine di manovra, Bruxelles ha imposto dazi fra il 65,1% e i 73,3% per i prodotti piatti pesanti. Per i coils, come detto, il dazio varia invece fra il 13,2% e il 22,6% a seconda della società: è pari al 13,2% per Handan e Hebei, sale al 17,1% per Bengang, è del 22,6% per Zhangjiagang, risulta del 18% per altre società che hanno collaborato all’indagine (tra queste Angang, Rizhao e Wuhan), è del 22,6% per tutte le altre.
Queste misure, nel giudizio di Bruxelles «permetteranno di restaurare la redditività della produzione di prodotti pesanti e di evitare il danno alle imprese del settore».
La Commissione deciderà entro sei mesi se confermare tali misure per i prossimi due anni o meno. In quel momento sarà in grado di decidere se farle scattare retroattivamente sui prodotti piatti pesanti importati dalla Cina fra agosto e ottobre 2016, misura possibile grazie alla registrazione preliminare delle importazioni durante l’inchiesta in quel periodo.
Attualmente sono in corso 37 misure anti-dumping e anti-sussidi decise dall’Unione europea, di cui 15 su prodotti provenienti dalla Cina. Si tratta di un livello di protezione che Bruxelles indica «senza precedenti». Altre dodici inchieste riguardano prodotti in acciaio, due delle quali sono state concretizzate con le ultime decisioni.

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«Erano misure attese, leggere se le si confrontano con analoghi provvedimenti assunti negli Stati Uniti, ma anche questo era nelle previsioni. Meglio di niente: le importazioni in Italia quest’anno sono state in generale sostenute, soprattutto nella prima parte dell’anno, ora vediamo che effetto potrà avere questa decisione sul mercato». 
Il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, accoglie con favore la decisione della Commissione europea, ma non c’è entusiasmo. La freddezza è legata in parte al fatto che il mercato sembra avere già scontato, secondo l’analisi del leader degli industriali siderurgici, l’effetto-dazio. «In questi mesi c’è stato un rialzo dei prezzi e l’effetto-annuncio può avere giocato un ruolo - prosegue -: il mercato ne ha beneficiato. Nelle prossime settimane capiremo meglio se ci si deve attendere eventualmente una correzione». 
Lo scarso entusiasmo nei confronti delle politiche comunitarie di difesa del mercato interno è dettato, però, soprattutto dai timori legati alle nuove decisioni attese nelle prossime settimane da Bruxelles. 
«La nostra preoccupazione - spiega - è relativa a quello che succederà a fine anno: siamo concetrati sulla riforma del sistema antidumping che, in contemporanea con la decisione sulla concessione dello stato di economia di mercato alla Cina, è attesa per la fine dell’anno. Non abbiamo ancora elementi conoscitivi concreti su questa riforma, non è chiaro che tipo di scelta tecnica verrà fatta e questo scenario di incertezza ci preoccupa».
Per quanto riguarda il mercato, secondo Gozzi «il 2016 è stato un anno migliore rispetto al 2015 dal punto di vista dei fondamentali, ma i numeri non si discosteranno di molto. Se dovessero essere confermate le performance in recupero di Ilva - aggiunge - ci si può attendere un leggero aumento dei piani. Per il resto, anche sul piano dei consumi, la situazione è stabile, senza particolari sussulti».
Nel dibattito sui dazi è intervenuta nelle scorse settimane anche Assofermet, l’associazione che rappresenta le imprese del commercio, della distribuzione e della prelavorazione di prodotti siderurgici. I trader temono un giro di vite eccessivo sugli acquisti. Rischio che secondo Assofermet si concretizzerebbe nel caso in cui venissero decise misure antidumping anche nei confronti dell’import da Brasile, Iran, Ucraina, Russia e Serbia (l’indagine è attualmente in corso). Per questo motivo Cihrf (Consortium for imports of hot-rolled coils, è il consorzio che rappresenta la filiera a livello europeo) ha recentemente inviato alla Commissione Ue una memoria, argomentando la non necessarietà di un’ulteriore misura di difesa.
Sul dumping di Pechino, però, l’opinione collima con quella dei produttori. Anzi, nel giudizio di Assofermet i dazi decisi ieri rischiano di non essere adeguati alla minaccia cinese.
«Ci auguriamo che siano misure provvisorie - spiega Tommaso Sandrini, presidente del sindacato Acciai di Assofermet -, e che siano ritoccate all’insù, poichè al momento sembrano troppo basse per potere fare da schermo all’import dalla Cina. Oggi il flusso sui coils si è quasi azzerato, restava qualcosa legato a vecchi contratti, ma di nuovi non ce ne sono - ragiona Sandrini -. Il mercato ha registrato aumenti di prezzo: se si mantenesse lo scenario rialzista si potrebbe paradossalmente aprire una finestra per arrivo di nuovo materiale dalla Cina».