La Stampa, 7 ottobre 2016
Sarà un Mondiale di ciclismo da fachiri
Potere dei petrodollari. Il Qatar è ormai al centro del mondo per l’organizzazione di grandi eventi sportivi. Dal 2004 ospita una tappa della MotoGp, nel 2014 è stato teatro dei Mondiali di atletica e di nuoto in vasca corta, ogni stagione allestisce la Diamond League di atletica e importanti tornei di tennis Atp e Wta. E per il futuro ha già ottenuto i Mondiali di ginnastica artistica 2018, di atletica 2019, di calcio 2022 ed è candidato per quelli di basket 2023. Vai dove ti porta il denaro. Ma spesso contro ogni criterio di logica e di opportunità. È il caso dei Mondiali di ciclismo su strada, che cominciano domenica con la cronometro a squadre e culmineranno il 16 ottobre con la prova in linea dei professionisti, la più attesa. Ma anche la più temuta.
Condizioni estreme
L’Uci (Federciclismo mondiale) ha infatti scoperto che in ottobre a Doha fa caldo. Aveva già rimandato di 2-3 settimane la corsa iridata, di solito programmata a fine settembre, per non rischiare di vedere i corridori arrostiti nel deserto. Ma non basta, perché farà comunque troppo caldo, tanto che da qualche settimana è scattato l’allarme. E sono stati presi provvedimenti dal ridicolo al grottesco: stesura di una guida di 28 pagine con i consigli per proteggersi dal clima torrido, una commissione di specialisti che alla vigilia di ogni gara interverrà per scongiurare rischi per la salute degli atleti (accorciando o neutralizzando parte dei tracciati), organizzazione di moto-frigorifero al seguito della corsa con borracce fresche per i ciclisti... Sembrano barzellette, perché se i Mondiali di calcio 2022 si giocheranno a dicembre e in stadi climatizzati, nei Mondiali di ciclismo non si possono certo raffreddare i circa 150 km che i corridori dovranno percorrere nel deserto. Dove le condizioni climatiche saranno «estreme», secondo la definizione riportata nel nuovo regolamento del ciclismo mondiale che da qualche anno dà facoltà agli atleti anche di fermarsi per non rischiare l’incolumità fisica. Il Qatar potrebbe passare alla storia come il primo Mondiale di ciclismo accorciato, dimezzato, neutralizzato o addirittura cancellato per condizioni climatiche peraltro del tutto normali, e dunque prevedibilissime, per quei luoghi in questo periodo dell’anno.
«Si poteva evitare»
«Tutti sapevano che cosa avremmo trovato a ottobre in Qatar – ha stigmatizzato il ct azzurro Davide Cassani -, ma non si è fatto nulla per evitarlo». Il ciclismo è già uno sport da fachiri, figuriamoci quando devi restare 6 ore in sella con temperature di 40°, più vento e sabbia a spazzare via il gruppo. La situazione è da codice rosso, come minimo si rischia la disidratazione per scongiurare la quale i corridori azzurri avranno in media 20 borracce di acqua e sali a testa, che dovranno essere loro fornite dall’unica ammiraglia italiana in gara, nei due soli punti di rifornimento nel deserto e, soprattutto, da addetti dello staff sparsi negli altri punti del percorso, sempre che il vento e lo svolgimento della corsa consenta loro un normale approvvigionamento. E saltare anche solo un rifornimento potrebbe risultate fatale. Ogni azzurro dovrà poi fornirsi di stick per proteggere le labbra, creme protezione 50 per gambe e braccia, cappellino bagnato da mettere sotto il casco contro i colpi di sole, occhiali «a luna» chiusi ai lati e colliri contro il vento e la sabbia, magliette traforate di colore chiaro, meglio se bianche. Molto importante sarà anche l’alimentazione nei giorni prima della gara: dovrà essere ricca di fermenti lattici, melatonina, frutta e verdura. Ma se poi il sole non darà tregua, ci sarà ben poco da fare. «Prepariamoci al peggio», ha ammonito preoccupato il ct Cassani.