La Stampa, 7 ottobre 2016
Il caso della paella inglese che indigna gli spagnoli
Quando Jamie Oliver, star della cucina in tv e super chef britannico ha dato, via Twitter, la sua personale versione della ricetta della paella, non si aspettava che persino l’ambasciata britannica a Madrid avrebbe dovuto mettere becco nella vicenda per tentare – con ironia – di placare le furia dei puristi spagnoli e valenciani. Il povero, si fa per dire, Oliver dopo aver elogiato la paella, «non c’è nulla di meglio nella cucina spagnola», ha avuto l’ardire di aggiungere: «La mia versione prevede cosce di pollo e chorizo», un salamino speziato. Apriti cielo. L’Invincibile Armada della difesa della paella è insorta, Oliver è finito nel tritacarne (ops) e bollato in mille modi, «terrorista culinario» è il più cortese. E prima che le navi del fu impero spagnolo salpassero alla volta della Perfida Albione dei fornelli, l’ambasciatore britannico a Madrid ha scherzato, pure lui su Twitter, dicendo di «essere stato convocato per spiegare sulle pagine del Comidista», la sezione culinaria di «El País», la posizione britannica. «Siamo degli innovatori», ha detto Simon Manley. Lo stesso Oliver è stato costretto a giustificarsi, un suo portavoce ha fatto sapere che l’idea di aggiungere il chorizo gli è stata suggerita durante una visita in Spagna da una signora che gli ha sussurrato all’orecchio «mettici una punta di chorizo».
Sulla paella i valenciani e gli spagnoli non transigono, Rachel McCormack, catalana ed esperta di cibo è andata alla BBC a spiegare che «cambiare la ricetta è contro natura e contro la cultura». Alla fiera internazionale della Paella di Valencia – ha spiegato – la gente non vuole versioni innovative ma va in cerca di quella autentica. Jamie Oliver non è il primo a incappare nell’ira degli spagnoli per qualche variazione sul tema. Sam Clark, altra ristoratrice di successo, fa una paella con chorizo e spinaci e la ricetta è stampata nel suo libro di cucina.
Jamie Oliver ha trovato anche spagnoli dalla sua parte. Come Miriam Gonzalez Durantes, avvocato moglie di Nick Clegg, l’ex vicepremier di Cameron, e autrice di ricette spagnole. «Non sono oneste le critiche a Jamie – ha detto – in fondo ci sono molte paella terribili in Spagna». Non sarà una variazione sul tema, la chiosa, a renderla peggiore.
Si sa però, gli inglesi con la cucina hanno un rapporto ambiguo. Si vantano, a ragione, di poter presentare a Londra ogni tipo di cibo, sia vietnamita o thailandese, persiano o spagnolo, per non dire della cucina regionale italiana che la fa da padrona. E si arrogano il diritto di personalizzarlo a proprio piacere. Sam Clark dà anche una spiegazione storica: «Abbiamo smarrito durante la guerra la nostra cucina e da allora siamo aperti a tutti, gli spagnoli invece sono conservatori». È proprio in virtù di queste sperimentazioni che i sudditi di Sua Maestà si sentono in diritto di fare le variazioni sui piatti tipici altrui. E ci scherzano pure. «Crimini contro la cucina straniera» li bollano con sagacia e ironica consapevolezza. L’elenco di quelle che alle nostre latitudini sarebbe più che una stranezza è lungo e per i gourmet oltraggioso. Non qui. La pizza con l’ananas, il parmigiano sugli spaghetti ai frutti di mare, l’aglio nel ragù alla bolognese per non dire di una spruzzata di ketchup sui maccheroni, solo per citare i cibi del Made in Italy che il «Times» ha elencato spiegando errori e orrori culinari.
Certo che pure la uvetta sultanina nel curry sembra un matrimonio forzato. Ma «siamo inglesi, sperimentiamo», ripetono gli chef. Con buona pace degli spagnoli e della loro paella senza chorizo.