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 2016  ottobre 07 Venerdì calendario

A Gramellini Renzi appare come uno che ha già messo in conto la sconfitta

Oltre al riconosciuto talento teatrale che fa di lui un conferenziere di alta gamma, il Renzi con cui ho conversato ieri in pubblico a Torino mi ha trasmesso una sensazione anomala per un presidente del Consiglio. Come di uno che si batte per vincere con tutte le sue forze, ma ha già messo in conto la sconfitta. Non so se si tratti di una tecnica psicologica appresa dai guru di Obama, ma l’uomo del Sì non sembra un politico impegnato in una delle numerose battaglie della sua carriera, una di quelle che si possono vincere o perdere, tanto alla peggio si rimane fermi un giro e si ricomincia. Nel caso in cui gli italiani gli sbattessero la porta del referendum in faccia, Renzi andrebbe a casa davvero. E non per cambiare ruolo, ma mestiere. 
Sembra assurdo che un premier di appena 42 anni sottoponga a plebiscito la sua auto-rottamazione precoce su una faccenda di regole importanti ma fredde, invece che su una riforma di forte impatto emotivo come quelle del lavoro e della scuola. Ma ora non può più tirarsi indietro. Anche perché il voto del 4 dicembre non riguarderà la riforma costituzionale, di cui la maggioranza degli italiani ha capito ben poco. «Ti fidi ancora di Renzi più che dei suoi rivali?». Questa è la vera frase che sta scritta sulla scheda e a cui gli elettori dovranno rispondere Sì o No. Lui lo sa perfettamente, perciò va in battaglia senza piani di riserva. La sua è una debolezza talmente ostentata che potrebbe trasformarsi in un punto di forza.