Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 02 Domenica calendario

Ora anche i nemici rossi della Coop ammettono di essere stati ispirati da Caprotti

Mauro Lusetti, 62 anni, è il presidente di Legacoop nazionale. Per anni ha lavorato anche in Conad, che fa parte della Lega delle cooperative. Tanti gli scontri con il patron dell’Esselunga, Bernardo Caprotti. Il pamphlet “Falce e carrello” ha portato a querele e sentenze.
Presidente, cominciamo dalle cose buone. Chi è stato, per voi delle Coop, Caprotti?
«Un innovatore. Avevo sentito parlare della Esselunga, del suo modo nuove di esporre i prodotti e quando nei primissimi anni ’80 stavo per aprire il primo supermercato a Modena presi la macchina e andai a Piacenza, dove c’era l’Esselunga più vicina. Rimasi colpito. All’ingresso c’era un reparto a “elle” con l’esposizione di frutta e verdura. Molto bello, colorato, profumato. Un reparto splendido. Non dico di averlo copiato ma certamente ho preso spunti e ispirazione per organizzare il nostro supermercato e anche quelli che sono venuti dopo. Una visita all’Esselunga, allora e poi in tutti questi anni, era quasi un obbligo».
E da queste visite cosa avete imparato?
«Caprotti è stato un pungolo, un grande imprenditore che ha fatto bene all’evoluzione e all’innovazione del settore distributivo. È stato un pungolo perché ha costretto anche noi a innovare e ad affrontare le sfide del mercato. È stato un competitore importante che ci ha costretto a non abbassare mai la guardia. Se tentennavi un attimo, se ti fermavi, lui ti passava davanti e ti fregava. E questa competizione credo che abbia fatto bene a tutta la grande distribuzione».
Gli scontri non hanno riguardato solo gli scaffali dei supermercati. Ci sono state le querele, le accuse politiche…
«Sul piano politico la battaglia a volte è degenerata. Con la pubblicazione di “Falce e carrello” ha raggiunto punte molto aspre, con la conseguente denuncia per diffamazione da parte di Coop Lombardia. Bernardo Caprotti ha usato anche metodi non sempre all’altezza della sua forte capacità imprenditoriale. Tutte queste vicende confermano il rispetto che portiamo al fondatore della Esselunga, ma non ce lo fanno amare».
L’invenzione di Bernardo Caprotti non è stata soltanto un reparto frutta e verdura profumato.
«No. Lui metteva un’attenzione maniacale nella localizzazione dei nuovi supermercati. Se decideva di aprire in una città magari aspettava anni, per avere i permessi o per attendere che nuovi quartieri progettati diventassero realtà, ma non cambiava mai idea. Studiava la capacità di spesa dei potenziali clienti, sceglieva soltanto zone a reddito medio o alto. Per questo non ha mai aperto Esselunga sotto Roma. E poi replicava il suo modello. È partito dai 1.500 metri quadrati per arrivare a 2.500-4.500 metri, con un’organizzazione sempre uguale, perché il modello era replicabile. I suoi supermercati sono identici in Lombardia, Emilia, Veneto… E questo facilita la distribuzione, rendendo efficiente al massimo la filiera».
E tutto questo cosa ha insegnato alle Coop?
«Ad organizzarci meglio, a costruire anche noi filiere efficienti. Certo, noi avevamo una realtà diversa, che partiva dai piccoli negozi per arrivare agli iper da 10 mila metri quadri (che non costruiamo più). La concorrenza di Esselunga ci ha aiutato a razionalizzare e a non puntare solo su una crescita quantitativa».
Lei cosa ha pensato, nel momento in cui ha saputo della scomparsa?
«Un sentimento di pietà umana, per la morte di una persona con la quale hai fatto i conti per una vita. E ho pensato: cosa succederà a questa impresa? Bernardo Caprotti è stato un personaggio unico. E irripetibile».