la Repubblica, 6 ottobre 2016
La ricetta dell’Fmi per le banche italiane è di una semplicità disarmante
La ricetta dell’Fmi per le banche italiane è di una semplicità disarmante. Il primo passo è verificare lo stato di salute del sistema del credito, attraverso un check up degli istituti più piccoli simile a quello già condotto per le banche più grandi. Il secondo è ricapitalizzare le banche più deboli, poiché le misure messe in campo dal governo rischiano di essere insufficienti per ripulire il sistema dai crediti deteriorati. Si tratta di una lezione di buon senso, che però rischia di restare inascoltata. La Banca d’Italia, che resta la prima responsabile per la vigilanza delle banche minori, è contraria all’idea di passare in rassegna i bilanci di questi istituti, perché teme questo possa generare instabilità. Si tratta di una visione parziale: come ha detto Andrea Enria, presidente dell’Autorità Bancaria Europea, la trasparenza è “il miglior disinfettante” contro i timori degli investitori. Alla paura degli stress test, si accompagna purtroppo quella degli aumenti di capitale. È innegabile che la strada sia in salita, come dimostrano le difficoltà di Mps a trovare nuovi azionisti. Ma se vogliamo che le banche siano in grado di resistere agli shock futuri e di prestare alle aziende, rafforzarle patrimonialmente è l’unica via possibile.