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 2016  ottobre 06 Giovedì calendario

Il Premio Nobel della chimica agli inventori delle nanomacchine

Esistono macchine, anzi motori che sono microscopici. Anzi, sono ancora più piccoli, ovvero nanoscopiche. Eppure hanno una forza straordinaria perché sono in grado di spostare masse anche di mille volte superiori alla propria. Sono i motori molecolari ed è ai ricercatori che li hanno progettati e realizzati che è andato il Premio Nobel per la Chimica di quest’anno. Jean-Pierre Sauvage dell’Università francese di Strasburgo, Sir J.Fraser Stoddart dell’americana Northwestern University e Bernard L.Feringa dell’Università olandese di Groningen hanno infatti sviluppato molecole i cui movimenti possono essere controllati e che, quando si aggiunge energia, possono svolgere un compito pur essendo mille volte più piccole del diametro di un capello. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che, come si legge nelle motivazioni ufficiali del premio, porta la chimica su una «nuova dimensione».
LO STUDIO
Il percorso per la messa a punto di queste tecnologie è stato piuttosto lungo ed è iniziato nel 1983 quando Sauvage riuscì a collegare molecole a forma di anello creando una catena, una struttura molecolare chiamata catenano. «Normalmente le molecole – spiega il comitato dei Nobel – sono unite da forti legami covalenti in cui gli atomi condividono gli elettroni, ma nella catena sono invece uniti da un legame meccanico. Per eseguire un compito una macchina deve consistere di parti che possono muoversi l’una vero l’altra. I due anelli interconnessi soddisfano esattamente questo requisito».
Il passo successivo è stato compiuto da Fraser Stoddart otto anni più tardi, nel 1991, anno in cui lo scienziato americano è riuscito a sviluppare un rotaxano, una struttura il cui asse centrale è circondato da un anello. Se stimolate chimicamente o attraverso la luce, l’anello si muove avanti e indietro. I rotaxani hanno permesso di realizzare ascensori, muscoli e chip molecolari. L’ultimo passo lo ha compiuto Bernard Feringa nel 1999 quando ha creato la pala di un rotore molecolare che riesce a girare continuamente nella stessa direzione, ovviamente a livello molecolare. Utilizzando motori molecolari di questo tipo, lo scienziato ha ruotato un cilindro di vetro che era 10.000 volte più grande del motore e ha progettato una nanocar.
LA GIOIA
«Sono davvero molto contento di questa scelta, è il riconoscimento di una scoperta di grande impatto», commenta Michele Muccini, direttore dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ismn-Cnr). «Naturalmente quando parliamo di motori molecolari – spiega Muccini – non dobbiamo immaginare qualcosa di analogo ai motori a scoppio, ovvero dei meccanismi dotati di pistoni che si muovono su e giù. Piuttosto dobbiamo immaginare a complessi sistemi di molecole che riescono a muoversi per effetto del loro potenziale elettrochimico e che, nel loro movimento, riescono a trasportare delle masse. Tecnicamente i rotaxani sono delle molecole a forma di anello l’una concatenata all’altra che si muovono per effetto di una specifica stimolazione». Si tratta di motori molto efficienti. «Riescono a trasportare masse molto elevate fino a mille volte più pesanti di loro, e questo fa dei motori molecolari dei meccanismi estremamente potenti che possono, inoltre, essere azionati a piacimento attraverso un semplice stimolazione chimica. In genere basta esporli a un fascio di luce» dice il direttore dell’Istituto che, nel Consiglio Nazionale delle Ricerche si occupa di sviluppare questo tipo di prodotti.
I campi di applicazione di queste tecnologie sono innumerevoli. «Possiamo immaginare di usare questi motori molecolari – dice Muccini – in diversi settori. Innanzitutto nel campo della cosiddetta nanoelettronica, dove c’è bisogno di avere dispositivi che possono accendere o spegnere a comando dei circuiti molto piccoli, appunto nanoscopici. Ma possiamo anche immaginare di riuscire a inserire questi meccanismi all’interno di tessuti biologici e di chieder loro di svolgere specifiche funzioni, come per esempio il rilascio di farmaci specifici». In termini di sviluppo, il motore molecolare equivale alla realizzazione del motore elettrico nel 1830. All’epoca nessuno immaginava che grazie al motore elettrico ci sarebbero stati treni elettrici, lavatrici, ventilatori e robot da cucina. Allo stesso modo le macchine molecolari potranno in futuro avere sviluppi incredibili, come la creazione di materiali nuovi, sensori e sistemi di immagazzinamento di energia. I settori che ne potrebbero beneficiare sono molteplici, tra cui quello della medicina. Ci vorrà ancora un po’ di tempo. «Masono sicuro – spiega Muccini – che nel giro di breve tempo, qualche anno, cominceremo a vedere le prime applicazioni concrete».