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 2016  ottobre 06 Giovedì calendario

Cronaca del caos quotidiano al San Camillo di Roma

Più di due giorni di agonia nel pronto soccorso del San Camillo, «per morire senza dignità tra altri pazienti in attesa di essere visitati». Sono le ultime 56 ore di un malato terminale di cancro che il figlio ha voluto raccontare in una lettera inviata al ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, per descrivere non solo la tribolazione di una brutta malattia ma anche «una tragedia nella tragedia». E pensare che la fotografia del sovraffollamento e delle lunghe attese è uguale in quasi tutti i pronto soccorso della Capitale. «Non è una novità visto che da anni andiamo avanti in questo modo. Nemmeno le denunce sono servite a cambiare il sistema», si sfogano alcuni operatori sanitari del San Camillo. E così i pazienti restano in fila per ore, ammassati nei corridoi o in alcuni stanzoni prima di essere visitati. Parallelamente però non è stato risolto il problema dei malati che, una volta visitati, restano bloccati nelle barelle perché non c’è posto nei reparti. Ieri al San Giovanni e al Policlinico Umberto I c’era chi aspettava per ore, stesse scene a Tor Vergata e al Pertini. Non andava meglio al Sant’Andrea o al Grassi di Ostia.
LA RASSEGNAZIONE
«Per i pazienti parcheggiati in attesa di essere trasferiti nel reparto, c’è solo rassegnazione – si sfoga Annamaria Carbone, che ha accompagnato lo zio al pronto soccorso del Sant’Eugenio – Oggi se stai male ti aggrappi con tutte le tue forze al medico di famiglia che è diventata ancor di più una figura fondamentale». Ma c’è anche un problema di numeri: ogni anno nei pronto soccorso degli ospedali romani passano oltre un milione e novecento mila pazienti, vale a dire 217 all’ora, 5mila e duecento al giorno. «Tre anni fa gli accessi erano due milioni e 100 mila – spiegano i camici bianchi – ma visto che i posti letto sono diminuiti è inevitabile che si crei l’imbuto». Analizzando la giornata di ieri (alle 19.30) 210 pazienti aspettavano di essere ricoverati in reparto o di essere trasferiti in un’altra struttura sanitaria. I grandi ospedali si riconfermano quelli maggiormente in affanno: con il numero più alto di accessi e di pazienti in attesa. Stilando una classifica (in quella specifica fascia oraria di ieri) c’era il Sant’Andrea con 32 pazienti in attesa di un posto letto o di un trasferimento (su 85 assistiti al pronto soccorso); seguito dal San Camillo con 26 pazienti in barella (su 54). Stessa situazione all’Umberto I con 26 (su un totale di 93). E sfonda quota 200 anche il numero delle persone che, nello stesso orario di ieri, aspettava la visita in una delle strutture sanitarie.
LA DENUNCIA
«È una situazione esasperante per i malati ma anche per medici e infermieri che lavorano in prima linea – spiega Stefano Barone, segretario amministrativo Nursind della Provincia di Roma – il tempo medio per una visita supera le quattro ore, per l’eventuale ricovero si possono passare due giorni in barella come è accaduto in questo ultimo caso. Ma non è una novità, sono anni che denunciamo questa situazione. E dire che oggi è un pochino migliorata. Al pronto soccorso del San Camillo ad esempio, con i fondi del Giubileo, sono stati allargati gli spazi. I pazienti non sono collocati più nei corridoi ma in una stanza. Anche se alla fine poco cambia. La verità è che questo pronto soccorso è collocato in una posizione completamente sbagliata». «Purtroppo la dignità dei malati è calpestata ogni giorno – sottolinea il consigliere regionale, Fabrizio Santori – Già a gennaio del 2014 in un esposto alla Procura avevamo sottolineato le carenze del Pronto soccorso del San Camillo in violazione delle norme in materia di Salute e sicurezza del lavoro, e del diritto alla salute del cittadino. Allora infatti erano stati denunciati inammissibili episodi di pazienti posizionati a terra sui materassi a seguito dell’esaurimento dei letti disponibili e delle barelle delle ambulanze, con medici e infermieri costretti ad affrontare lunghe ore di lavoro in condizioni di mancata sicurezza».