Il Messaggero, 6 ottobre 2016
Anche Sabino Cassese dice che il contratto firmato dalla Raggi con il M5s è inammissibile
Il contratto sottoscritto dal sindaco di Roma Virginia Raggi e dai consiglieri comunali con il M5S e la Casaleggio Associati è coerente con i princìpi sanciti della nostra Costituzione? Alla Camera e al Senato sono già state depositate due interrogazioni parlamentari e un ricorso sta per essere presentato alla Corte europeo dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Alcuni giuristi si sono già pronunciati sollevando le loro perplessità. L’ex presidente della Consulta Cesare Mirabelli, intervistato dal Messaggero, ha espresso la sua opinione: «Le istituzioni non possono essere condizionate». Abbiamo girato gli stessi interrogativi a Sabino Cassese, giudice emerito della Corte che dice: «Nessun documento può interferire con la libertà di espressione delle opinioni di un consigliere comunale e men che mai di un membro della Giunta».
Professore, dal punto di vista giuridico che valore ha il contratto firmato dalla Raggi?
«Distinguiamo. Il codice vale per gli eletti, i consiglieri. Non sembra si applichi agli assessori, membri della giunta. Se sottoscritto prima della candidatura, è un impegno interno all’associazionemovimento, legittimo finchè specifiche disposizioni non ledano obblighi, o vincoli, o limiti dell’ordinamento. Molti dubbi sorgono per l’intrecciarsi di codici degli eletti del movimento nelle varie sedi, europea, nazionale e locali, con vincoli non coordinati tra di loro. In alcuni di questi codici, come nel non statuto del movimento, che dovrebbe costituirne la base, c’è un misto di norme ripetitive di principi di legge (trasparenza), di populismo (il recall o impegno a dimettersi in certi casi) e di cesarismo o bonapartismo (compare un deus ex machina definito capo politico, in qualche occasione identificato in Grillo)».
Il codice prevede che le proposte di alta amministrazione vengano preventivamente sottoposte al parere dei garanti del M5s.
«Anche questa norma vale per i consiglieri, non gli assessori, cioè per componenti di un corpo politico di indirizzo, non un corpo amministrativo. Finché si tratta di una consulenza tecnicogiuridica, specialmente se è orientata ad assicurare imparzialità, legalità e buon andamento, è legittima. Se la norma si estende agli assessori, amministratori, finisce per confliggere con le leggi sui doveri di ufficio».
Per la Carta, gli eletti non hanno vincoli di mandato.
«I principi dell’art. 67 della Costituzione si applicano ai parlamentari nazionali e per analogia ai rappresentanti locali. È importante che i vincoli interni al movimento non entrino in conflitto con gli obblighi pubblici, come nel caso del Parlamento europeo, dove il regolamento del movimento dispone che non si possono assumere familiari, ma che gli eletti si impegnano a prescegliere e designare gli assistenti tra soggetti indicati da Grillo e Casaleggio: dalla pentola alla brace!»
In base al Codice il canale di divulgazione degli eletti è il sito.beppegrillo.it e lo staff di comunicazione va scelto da Grillo?
«Qui si nota una contraddizione propria del movimento: rifiuta di essere partito (non è associazione, ha al centro una piattaforma e la rete, e un sito di raccolta delle candidature), ha una organizzazione minima (capo politico, collegio dei probiviri, comitato di appello, assemblea in rete), ma deve mantenere una omogeneità almeno all’esterno, concentrando in due mani la comunicazione».
Che valore ha la multa dal punto di vista giuridico?
«Vale quel che ho detto prima: una obbligazione rilevante nel diritto privato, tra il movimento e il candidato, legittima nella misura in cui singoli vincoli non confliggano con norme giuridiche. Non può chiamarsi multa e molto incerto ne è il fondamento, se interferisce con la libertà di opinione e di espressione del consigliere. Inoltre, quando si tratterà di applicarla, e qualcuno si rifiuterà, un eventuale giudice chiamato a dirimere il conflitto dovrà risolvere molti problemi nuovi, a cominciare da quello della natura giuridica del movimento».