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 2016  ottobre 05 Mercoledì calendario

A proposito della presidenza Cossiga

In occasione della morte del presidente Ciampi, lei ha scritto, tra l’altro, che Ciampi fu un «costruttore» e Cossiga un «distruttore». Mentre mi è chiara la definizione del primo, non comprendo totalmente quella attribuita al secondo.
Gianferdinando Alberici
gial@bresciaonline.it

Caro Alberici, 
Come ha già scritto Maurizio Caprara sul Corriere del 25 settembre, sono in libreria da qualche settimana i diari di Ludovico Ortona, capo dell’ufficio stampa al Quirinale durante l’intero settennato di Cossiga, dal 1985 al 1992. Il libro si intitola «La svolta di Francesco Cossiga» ed è stato pubblicato da Nino Aragno Editore. Nelle sue 600 pagine vi sono, senza attenuazioni e modifiche, tutte le note quotidiane con cui Ortona riassumeva i principali eventi del giorno. Non esistono quindi altre fonti da cui Cossiga emerga con altrettanta naturalezza. Il lettore vi troverà il presidente impeccabilmente neutrale dei primi anni, un notaio della Repubblica scrupolosamente rispettoso della divisione dei poteri. E assisterà alla grande trasformazione di Cossiga negli ultimi due anni della sua presidenza quando il capo dello Stato non perde occasione per intervenire in ogni problema del giorno, anche se non appartiene alle sue competenze istituzionali. 
Nella sua prefazione al libro di Ortona, Giuliano Amato ricorda che dietro le sue esternazioni vi sono alcune buone ragioni. Come è detto con chiarezza nella recensione di Maurizio Caprara, Cossiga ha capito prima e meglio di altri che la dissoluzione dell’Urss e la morte del comunismo avrebbero avuto inevitabili ripercussioni sulla democrazia spartitoria e consociativa che i partiti politici italiani hanno costruito negli anni della Guerra fredda. Il messaggio al Parlamento sulla riforma delle istituzioni è probabilmente l’episodio più importante del settennato. Ma lo stile dei suoi interventi trasmette all’Italia l’immagine di un presidente irritabile, capriccioso, afflitto da crisi depressive e incapace di qualsiasi autocontrollo; ma anche di un uomo che si compiace delle proprie intemperanze e del baccano che stanno suscitando nella vita nazionale. 
Secondo Amato, la vicenda che maggiormente influenzò il suo comportamento fu la minaccia della incriminazione (oggi si dice «impeachment»), agitata dagli eredi del partito comunista. Cossiga, cugino di Enrico Berlinguer, pensava di avere con i comunisti un rapporto speciale e visse quella vicenda come una sorta di tradimento. In ultima analisi, caro Alberici, il suo carattere finì per nuocere alla parte migliore della sua personalità politica. La riforma della Costituzione, che fu una delle sue migliori battaglie, è ancora all’ordine del giorno e rischia di restarci. Più che distruttore Cossiga fu un costruttore mancato.