Corriere della Sera, 5 ottobre 2016
Cosa sappiamo del bambino di 11 anni annegato
Nella pagina Facebook della mamma ci sono le foto di loro due che si somigliano molto e sorridono: lui con la felpa della Roma. Un bimbetto felice, diresti a prima vista. E invece è morto, a 11 anni, lunedì pomeriggio annegato nel canale d’irrigazione di via Campo Salino, all’ombra del Castello di Maccarese, dopo aver vagato da solo per ore cercando una pace che non ha mai trovato, in fondo all’abisso del suo male. Incidente? Suicidio? Comunque, una storia tristissima. Agli psicologi, agli insegnanti di sostegno, agli assistenti messi a disposizione dal Comune di Fiumicino, in passato, aveva raccontato perfino di essere stato picchiato dal nonno materno, di aver visto i genitori drogarsi davanti a lui, pagine terribili di un presunto degrado familiare. La polizia ha già acquisito tutti i fascicoli e le relazioni degli specialisti. Lunedì prossimo si sarebbe dovuta svolgere un’udienza davanti al Tribunale dei Minori per approfondire la vicenda con i servizi sociali.
Non più tardi di sei mesi fa, il bambino era scoppiato in un pianto disperato davanti alle insegnanti di sostegno: «Mi sono stufato di questa vita, ora mi ammazzo. Io a scuola non ci voglio venire, ma mamma mi ci manda lo stesso. Qui ce l’hanno sempre tutti con me, tutti mi guardano e mi prendono in giro...». E mentre parlava, si strappava le unghie, si graffiava le labbra, si è anche dato da solo uno schiaffone in testa. Atti di autolesionismo che hanno spinto le maestre a lanciare l’allarme.
Sono tanti gli allarmi rimasti inascoltati, in questa storia. In una relazione del febbraio 2015 consegnata dal dirigente della sua scuola elementare si parla di «assenze ripetute in classe» e «dipendenza mentale indotta da tv, cellulare e tablet». E ancora: «Aggressività», «isolamento», «emarginazione», «opposizione ai richiami» e «conflitti con i docenti». Un ragazzo difficile. A Maccarese lo ricordano tutti come un bimbo «solitario», che «non giocava a pallone con gli altri» preferendo piuttosto «vagare per conto suo». Chissà che anche l’altro giorno, lunedì, dopo aver pranzato a casa della nonna, che si trova a pochi passi dal canale, il bimbo non abbia fatto la stessa cosa, estraniandosi di nuovo da tutto e tutti.
Ritardo cognitivo. Autismo. «Non c’era ancora una diagnosi precisa – dice ora l’avvocato della mamma, Paola Chiovelli —. Nei prossimi mesi si sarebbe dovuto sottoporre a dei test per scoprire eventuali tratti autistici. Sua mamma le ha provate tutte per aiutarlo. Altro che droga! La signora non ha mai fatto uso di droga in vita sua e di sicuro il bambino non ha mai assistito alle scene di cui si parla». Negli ultimi tempi gli aveva messo vicino pure un cagnolino. Poi l’aveva iscritto a un corso di equitazione e a una squadra di rugby. Una «madre coraggio», dice di lei la psicologa Rosaria Ferrara, esperta di diagnosi, valutazione e trattamento degli autismi, curatrice di un sito internet che la mamma seguiva assiduamente.
I genitori del ragazzino morto non sono in buoni rapporti. Non si sono mai sposati e dopo la nascita del figlio le loro strade si sono separate. Il bimbo è stato allevato con grandi sacrifici dalla madre, che fa le pulizie a ore a Fiumicino e nei momenti più duri ha ricevuto un sussidio dal Comune. Il piccolo, comunque, ha continuato a vedere anche suo papà – disoccupato – a cui era molto affezionato.
«I bambini con dei tratti autistici non hanno la percezione del pericolo che abbiamo noi – avverte la psicologa Ferrara —. L’altro giorno nel mio studio c’era un bimbo che ha tentato più volte di lanciarsi dalla finestra. Non perché volesse suicidarsi, ma perché era attratto dall’aria, dal vuoto. Si chiamano interessi sensoriali. Lo stesso può essere successo in quel canale: magari il ragazzo è stato attirato dall’acqua o da un riflesso...».
La settimana scorsa la psicologa aveva postato un articolo su «maltrattamenti e abusi negli asili» e la mamma del bimbo annegato l’aveva subito commentato: «Ci sono passata anche io! Per fortuna ho beccato la maestra nel momento in cui trascinava mio figlio per un braccio. Ho fatto un esposto ai carabinieri e ho chiesto un incontro col preside. Due giorni dopo l’hanno licenziata». Nel passato di questo povero bimbo, anche lo choc di una maestra violenta. Giù nel canale ha portato tutto con sé.