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 2016  ottobre 04 Martedì calendario

La pace non può essere sottoposta a un referendum. Sul caso della Colombia

Che assurdità, sottoporre a referendum popolare un trattato di pace. Un compromesso faticoso, costruito a tavolino cercando di prescindere dal dolore delle vittime, dal rancore dei superstiti, dalle ferite di guerra ancora palpitanti. Il voto popolare, come è normale che sia, è orientato in larga parte da tutto ciò che ostava alla firma del trattato: il dolore delle vittime, il rancore dei superstiti, le ferite di guerra ancora palpitanti. Difatti in Colombia anni di pazienza politica per porre fine alla guerra civile Stato-Farc sono stati distrutti in un giorno dal voto popolare: il “no alla pace” ha prevalso, sia pure di pochi decimali. Così come desiderava il “signore della guerra” per eccellenza, il capo della destra Uribe.
Il principio di delega in democrazia è tutto o quasi: si elegge qualcuno (possibilmente qualcuno più esperto di noi, più capace di noi) con il compito di rappresentarci. Si chiama “classe dirigente” e nessuna società, di nessun genere, può farne a meno. L’idea che il popolo debba pronunciarsi direttamente, esercitando in proprio la democrazia, esautorando di fatto i propri delegati, non è solamente demagogica. È precivile, tanto quanto sarebbe sottoporre a referendum le sentenze dei tribunali, affidando alla folla l’amministrazione della giustizia. Quanti trattati di pace, al mondo, sarebbero stati approvati da un referendum popolare? Ve lo dico io: zero.