Corriere della Sera, 4 ottobre 2016
Se non ci fosse stato il Watergate, Nixon sarebbe stato un buon presidente?
Abbiamo letto la sua opinione su John Fitzgerald Kennedy, quale sarebbe invece il suo giudizio sulla presidenza di Richard Nixon? Un amico californiano una volta mi disse che se Richard Nixon non si fosse rovinato con il Watergate, sarebbe stato considerato da tutti i cittadini statunitensi il miglior presidente degli Stati Uniti del ’900.
Davide Chicco
Caro Chicco,
Ricordiamo Nixon, in effetti, per due vicende: lo stabilimento dei rapporti con la Cina comunista e lo scandalo del Watergate. La prima fu dovuta in buona parte alle intuizioni di due grandi realisti della politica internazionale: Henry Kissinger, allora presidente del Consiglio per la sicurezza nazionale, e Zhou Enlai, ministro degli Esteri della Repubblica popolare. Entrambi avevano capito che un mondo ingessato dal dissidio sovietico-americano negava a Washington e a Pechino una buona parte della libertà di manovra di cui avrebbero potuto godere.
La prima mossa, dopo molti sondaggi, fu dei cinesi. Invitarono gli americani a un torneo di ping-pong e offrirono al mondo lo strabiliante spettacolo di due grandi potenze che ricorrevano, per lanciarsi segnali di pace, al più lieve e innocuo dei duelli. Al segnale cinese gli Stati Uniti risposero annunciando la revoca dell’embargo, decretato più di venti anni prima, sulla vendita alla Cina di prodotti strategici. Qualche mese dopo Nixon annunciò alla nazione e al mondo che era stato invitato a visitare la Cina e aveva accettato l’invito. Il 21 febbraio del 1972, quando scese dall’aereo all’aeroporto di Pechino, rimase a lungo solo, di fronte alle telecamere. Non voleva che la presenza di un collaboratore al suo fianco lo privasse di una parte del suo storico trionfo.
Dall’altare della gloria alla polvere della disfatta il percorso fu relativamente breve. All’inizio dell’anno seguente due reporter del Washington Post, il quotidiano liberal della capitale americana, cominciarono a raccontare sul loro giornale una storia di microfoni collocati negli uffici del Comitato nazionale del partito democratico durante le fasi più cruciali della campagna elettorale per il rinnovo del mandato presidenziale. Altri articoli, nei giorni successivi, ampliarono le dimensioni dello scandalo puntando il dito su alcuni intimi collaboratori del presidente. I microfoni servivano evidentemente a individuare gli argomenti e le accuse di cui il partito democratico si sarebbe servito per battere Nixon. I colpevoli fecero quadrato e smentirono ogni accusa sino al giorno in cui gli americani appresero che Nixon aveva l’abitudine di registrare per futura memoria tutte le conversazioni che avevano luogo nello Studio ovale. Quando la Corte Suprema costrinse la Casa Bianca a consegnare i nastri delle conversazioni, fu chiaro che Nixon conosceva e approvava le malefatte dei suoi amici. Per evitare l’«impeachment» (l’incriminazione deliberata dal Congresso) si dimise il 9 agosto del 1974. Paradossalmente le stesse cimici che dovevano servirgli a violare le conversazioni dei suoi avversari dettero un colpo mortale alla sua carriera.
Oggi, caro Chicco, la storia non ha dimenticato lo scandalo del Watergate, ma riconosce a Nixon il merito di avere reso il mondo multipolare e di avere allontanato il rischio di uno scontro armato fra le maggiori potenze.