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 2016  ottobre 04 Martedì calendario

Tutte le amanti di Bill, l’ultima carta di Trump contro Hillary

Molti ricorderanno la drammatica intervista televisiva, quasi una seduta d’autocoscienza, di Bill e Hillary Clinton nel 1992, in piena campagna per le presidenziali. Il governatore dell’Arkansas era partito bene, poi sbucarono le registrazioni di alcune sue telefonate compromettenti con una ragazza, Gennifer Flowers. Davanti alle telecamere Bill, rosso come una carota, biascicò qualche scusa. Hillary, invece, quasi investì il pubblico a casa, più o meno con queste parole: mio marito è un uomo onesto. Io che sono sua moglie gli credo. Non vi basta? «Non votatelo».
Bill tornò rinfrancato ai comizi. Vinse e diventò presidente degli Stati Uniti. Ma quel ricordo è come una scia velenosa che non si è mai dispersa in ventiquattro anni di storia, piccola e grande, dei «Clintons». Adesso sembra arrivato il momento di farci i conti in modo definitivo. Domenica 9 ottobre, nel secondo confronto diretto a St.Louis, Donald Trump, lo ha già annunciato, riaprirà quello che potremmo definire «il libro nero» di Casa Clinton: le infedeltà di Bill. Certo, sarebbe stato meglio uno scontro sui temi chiave degli Stati Uniti. Ma tant’è, questo è il quadro dell’America 2016: la creativa elusione fiscale di «Donald» contro i tradimenti sofferti da Hillary.
Lo staff della candidata dei democratici sta studiando le possibili contromosse per contenere i danni. Trump, con sottile perfidia, non dovrebbe indugiare, almeno così si spera, sui particolari pecorecci. Attaccherà senza scrupoli, invece, l’atteggiamento che Hillary ha tenuto nei confronti delle amanti attribuite al marito. Il New York Times di ieri ricostruisce il passaggio chiave di un lungo repertorio: il caso Gennifer Flowers appunto, la donna che Trump a un certo punto aveva anche pensato di invitare ad assistere al primo dibattito presidenziale, lo scorso 26 settembre.
In quel 1992 Hillary arrivò a ingaggiare Jack Palladino, un detective privato senza troppe bardature etiche: doveva scavare nel passato della giovane donna, fino a distruggerne la reputazione. Anche in altre occasioni, racconta il giornale americano, l’ex First Lady aveva dato disposizioni ai suoi collaboratori di indagare e, se il caso, intimidire con la minaccia di rivelazioni sgradevoli, le ragazze che, a torto o a ragione, sostenevano di aver avuto un flirt con il marito. Era accaduto nel 1991, per esempio, con Connie Hamzy, un’appassionata di rock che rivelò a «Penthouse» di aver avuto delle avances dall’allora governatore dell’Arkansas. Bill si limitò a negare; Hillary si spinse oltre: «Dobbiamo distruggere la sua storia», riferisce ora Stanley Greenberg, un esperto di sondaggi che lavorò per Clinton nel 1991.
Quando esplose lo «scandalo Flowers» Hillary era già carica di rabbia. Subito dopo aver salvato la carriera di Bill con quelle parole in tv, tornando a casa sull’aereo, la futura First Lady era furiosa, come racconta Gail Sheely, una giornalista che era al seguito: «Se questa signora Flowers si trovasse davanti a una giuria e il verdetto dipendesse da me, non avrei dubbi, la farei crocifiggere».
Su questo potrebbe battere e ribattere Trump, chiamando in soccorso testimonianze come quella di Gloria Allred, una nota avvocatessa impegnata nella difesa dei diritti delle donne: «Scavare nel passato delle rivali è una strategia vergognosa. La maggior parte delle donne non sono suore e neanche “Girl Scouts”. Questo non significa che non possano dire la verità». Gloria Allred, giusto sottolinearlo, alla Convention democratica era una delegata dello schieramento di Hillary: «L’episodio Flowers non cambia la mia opinione. Diciamo che fu un “meno”, ma lei ha tanti “più”». Dovrà dimostrarlo ancora una volta.