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 2016  ottobre 04 Martedì calendario

A Sud prevalgono i No. Lì non hanno niente da perdere

«Il Sud, a differenza del Nord, non ha nulla da perdere e dunque non ha paura delle prospettive apocalittiche», dice il centrista di opposizione Gaetano Quagliariello. «Qui l’insoddisfazione politica per come stanno andando le cose è fin troppo evidente», segnala Antonio Bassolino, ex sindaco di Napoli. E proprio a Napoli, sottolinea lo storico Paolo Macry, l’impressione è che nelle élite si stia ricreando «un modello culturale di assenza, di estraneità più che di impegno», lo stesso che ha portato alla rielezione di de Magistris da parte di un elettore su quattro. A nove settimane dal voto referendario, i No prevalgono al Sud e condizionano il dato nazionale, dicono i sondaggi. E ci si interroga sul perché di questo ennesimo dualismo. Vengono fuori prevedibili ragioni sociali e politiche, ma anche meno prevedibili ragioni «esistenziali».
In realtà, sulla carta non dovrebbe esserci partita a favore dei Sì. Tutto il Mezzogiorno è infatti a trazione «democrat», non c’è regione che abbia eletto un governatore che non sia del Pd, e le maggioranze sono ovunque «governative». Come si spiega, allora, lo scenario tratteggiato da Pagnoncelli ieri sul Corriere ? Da dove spunta quel 52% di No che tanto preoccupa i riformatori? È vero, in Puglia c’è Michele Emiliano che sabato scorso ha trovato il modo per rompere il silenzio referendario a cui si era consegnato: «Sono socio dell’Anpi da qualche anno. Iscrivetevi anche voi. Viva l’Italia», ha postato su Facebook giocando sul fatto che la contrarietà dei partigiani alla riforma costituzionale è risaputa. Ma gli altri governatori, chi più chi meno platealmente, si sono schierati tutti con Renzi: da Vincenzo De Luca che in Campania ha spinto avanti uno dei suoi due figli con il compito di organizzare i comitati per la riforma, a Rosario Crocetta che forte di un patto con il governo che assegna alla Sicilia più di 2 miliardi di euro si è vantato di aver raccolto diecimila firme per tenere il referendum.
E allora perché il Sud va per la sua strada? Paolo Macry è stato tra i primi, sul Corriere del Mez zogiorno, a segnalare la tendenza. «Quel che colpisce – ha scritto – non è tanto l’attivismo del No, quanto il silenzio di tutti gli altri. Cosa pensano i padri e le madri della patria napoletana non è dato sapere». Prudenza dei prof universitari? Opportunismo della società civile? Fatto sta che il napoletano Francesco Nicodemo, dello staff del premier, immediatamente rilancia: «Napoli, svegliati! Sarà questo il senso di una iniziativa che stiamo organizzando». Ma per Antonio Bassolino non è solo una questione di disimpegno civile. Domenica, alla festa della sua Fondazione, l’ex sindaco ha dialogato con un de Magistris molto odiato dal Pd, ma ha riconfermato il suo Sì (molti bassoliniani si sono invece dissociati). Ciò nonostante, Bassolino ha molto da dire. Anzi, da ridire. «Il dato di fondo – spiega – era percepibile già prima dei sondaggi. È che a Napoli e in tutto il Mezzogiorno si esprime ormai una netta critica al governo». «Il Sud – continua – non si sente dentro la strategia nazionale. Ci sono ministri che stanno lavorando molto, come Delrio; e certamente funzionano i patti con le regioni e le aree metropolitane. Ma in generale c’è qualcosa che non va: tu governo non puoi non chiamare tutti i sindaci e i governatori del Sud (siano d’accordo oppure no con te) a un grande sforzo collettivo». E poi c’è il paradosso politico che più brucia. «Abbiamo parlato di referendum – dice Bassolino – quando c’era da riflettere sulla sconfitta amministrativa e abbiamo politicizzato la campagna referendaria quando c’era invece da entrare nel merito della riforma. Ora Renzi ha corretto l’errore, ma al Sud ne pagheremo le conseguenze». Ne è convinto Gaetano Quagliariello, che coordina una rete di comitati per il No. Per tre ragioni. La prima, già detta, è quella del Sud messo spalle al muro dalla crisi. La seconda riguarda il rapporto Stato-regioni rimodellato dalla riforma: «Se il Sud deve giudicare la clausola di supremazia da come Renzi tratta Emiliano, come può non allarmarsi? Del resto, una cosa è se quella clausola la gestisce un De Gasperi, un’altra è se la usa Renzi». La terza. «L’ottimismo berlusconiano, per così dire, che Renzi agita quando parla dell’Italia, può funzionare al Nord, dove è nato. Non certo in un Sud sempre più distante, disoccupato e deindustrializzato». In ogni caso, il renziano Nicodemo è fiducioso: «Parliamo di sondaggi, solo di sondaggi».