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 2016  ottobre 03 Lunedì calendario

Brexit, le pratiche del divorzio inizieranno a marzo. Parola di Theresa May

Brexit comincerà nel marzo prossimo: Theresa May ha finalmente indicato almeno quando inizierà la trattativa sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
Annunciata ieri dalla premier britannica, al mattino in un’intervista alla
Bbc e più tardi in un discorso al congresso annuale del partito conservatore, «entro il primo trimestre 2017» è la data in cui il suo governo invocherà l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che fissa le regole per l’uscita di uno Stato membro – una procedura mai utilizzata fino ad ora. Da quel momento il “divorzio” ha due anni di tempo per venire concluso, prorogabili se entrambe le parti sono d’accordo. È dunque possibile che ci vorranno due anni e mezzo da ora affinché l’Europa dei 28 diventi dei 27.
Criticando chi «non vuole ancora accettare il risultato del referendum» del giugno scorso, in cui il Regno Unito ha votato 52 a 48% per lasciare la Ue, May ha detto che il suo paese intende diventare «sovrano, indipendente e davvero globale», ridefinendo il proprio rapporto con la Ue ed esercitando un diretto controllo sull’immigrazione. Sembra improbabile, a queste condizioni, che Londra possa uscire dalla Ue ma rimanere parte del Mercato comune: dovrà rinegoziare le relazioni commerciali con tutti.
Ha fatto anche un altro annuncio, la premier May: nel prossimo anno legislativo, quindi a partire dal maggio 2017, il parlamento dovrà approvare un Repeal Act, un’abrogazione dello European Community Act del 1972 con cui il Regno Unito aderì alla Comunità Europea, in seguito diventata Unione. Le leggi europee dovranno diventare leggi britanniche, essere emendate o revocate. L’approvazione incontrerà ostacoli. Alla camera dei Comuni gli stessi conservatori sono divisi tra chi vuole un “hard Brexit”, un’uscita totale, e un “soft Brexit”, mantenere legami con la Ue. E alla camera dei Lord c’è una maggioranza di 6 a 1 pro-Ue che potrebbe bloccare tutto: ma è da vedere se i Lord se la sentiranno di andare contro la volontà popolare. Altra incognita è cosa farà la Scozia: «È deprimente che il governo britannico si faccia guidare dall’ideologia anti-europea anziché dagli interessi del Paese» è il commento della premier indipendentista Nicola Sturgeon. La Scozia potrebbe rispondere con un altro referendum sull’indipendenza dalla Gran Bretagna.