Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 03 Lunedì calendario

Nell’Ungheria senza quorum nessuno è contento

Marika, insegnante plurilaureata di Budapest, ride: «Nel pomeriggio, quando hanno visto che poca gente andava a votare, hanno sommerso me e milioni di cittadini con sms e mail invitandoci a partecipare al referendum. Ma io ho scelto di non stare al gioco, insieme a molti».
Le voci critiche esultano ma senza entusiasmo in questa serata in cui Budapest si scopre delusa e divisa. «Ci saranno comunque delle conseguenze legislative, anche se sotto il quorum il mandato è chiaro, i migranti non li vogliamo», dice a Repubblica il capogruppo della Fidesz (il partito del popolare premier, membro dei Popolari europei) Lajos Kosa. Budapest sotto la pioggia non fa festa. E non è andata a votare. «Il maltempo ha frenato gli elettori», ripetono gli uomini della maggioranza.
La giornata cominciata con ottimismo si conclude con uno spleen di delusione, per il partito di governo e la maggioranza dei cittadini che lo sostiene. Invano cerchi sul cellulare i loro massimi rappresentanti: non rispondono. «Comunque il 98 per cento di chi è andato a votare ha votato no, quindi ha approvato la linea della fermezza di Orbán», dice un altissimo esponente della maggioranza chiedendo di restare anonimo. «E in un Occidente dove sempre meno gente partecipa a ogni elezione, è comunque un mandato chiaro: continuare a difendere l’Europa dalla marea di migranti che molestano le nostre donne o peggio, vengono qui a usare i nostri sistemi di welfare e nascondono tra loro terroristi e combattenti dell’Isis». La maggioranza dissimula, ma il colpo è stato evidente. «Orbán resta fortissimo, ma da quando i nuovi partiti nazional-conservatori stravolgono gli equilibri europei è la prima volta che non coglie appieno il successo sperato», sottolinea un ambasciatore occidentale.
«Da ridere», continua Marika l’insegnante. «Nel pomeriggio, capendo che troppo pochi votavano, la tv pubblica ha inondato i suoi palinsesti di reportage dalla frontiera blindata, ripetendo a raffica che se troppo pochi votano da qui arriveranno le prossime grandi ondate migratorie».
Eppure proprio le voci più critiche, in una Budapest dove la pioggia sbiadisce gli onnipresenti manifesti elettorali che gridano «difendiamoci, votiamo no», sono le più prudenti.
«Attenzione, per Orbán è solo una sconfitta simbolica, nulla di più», commenta Balint Magyar, dissidente e autore del libro in cui descrive la maggioranza di governo, Orbán, i suoi amici degli amici, come «uno Stato-mafia, la piovra ungherese». Passeggiamo nell’antico centro asburgico e Balint continua: «In ogni caso il referendum era illegittimo, incompatibile con la Costituzione ungherese visto il tema legato a trattati internazionali già firmati».
Anche le strade della movida sono deserte in questa strana serata post-referendum: Vaci utca, Kiraly utca. Pioggia e silenzio. Continua Magyar: «È stata una sconfitta simbolica, eppure il premier ha raggiunto i suoi obiettivi. Primo, a casa: ha convinto più elettori di quanti ne abbia il suo partito. Secondo, in Europa: può comunque dire che nella parte del popolo che ha voglia di votare lui conta su 98 per cento di sì. Il messaggio passa, e anche per tutti i nazional-conservatori e populisti del mondo libero, da Trump a Le Pen, dagli italiani agli scandinavi».
Ore d’incertezza attendono Budapest alla riapertura dei mercati. «Ma la solidità del sistema ungherese resta intatta: Orbán continuerà a dire a Bruxelles di aver ragione e di non voler mollare», insiste Magyar. «L’Unione europea è un sistema di valori da cui non possiamo aspettarci nulla, perché Merkel, Juncker, Schulz, Renzi e gli altri continuano a non capire la vera natura del regime. Non è ideologico, è un sistema intelligentemente opportunistico che da posizioni di destra cerca in modo spregiudicato ogni consenso. All’interno, con intimidazioni e favori agli amici degli amici, all’esterno cercando di essere sempre più il vero nuovo leader nazionalconservatore, l’uomo che ha l’ambizione di ridisegnare l’Europa».
Progetto ambizioso che ha appena segnato una battuta d’arresto. «Ma la sua ambizione di potere non sarà placata dalla simbolica sconfitta. È convinto d’aver ragione, non si fermerà. E continuerà a non perdonare e a contrastare chiunque considera non leale a lui, a cominciare da Angela Merkel». Con incertezze pesanti e grigie come le nuvole che rovesciano altra pioggia su questa Budapest delusa e divisa.