ItaliaOggi, 1 ottobre 2016
Occhio al cinema cinese, cresce alla grande
Tra un paio di anni la Cina sarà il più grande mercato cinematografico al mondo, con un box office che supererà di slancio i 9 miliardi di euro annui. Già ora è a quota 6 miliardi di euro, rispetto agli 8 miliardi del botteghino statunitense. Tuttavia il grande schermo Usa, pur in salute, non potrà mai tenere il ritmo di crescita del mercato cinese, che sale del 50% ogni anno.
Il sorpasso, quindi, è dietro l’angolo. Per l’industria cinematografica mondiale, tuttavia, questo cambiamento di equilibri determinerà anche una modifica delle abitudini produttive. Quasi il 62% degli incassi in Cina, infatti, deriva da film cinesi (686 produzioni nel 2015). Il film stranieri, invece, sono molto contigentati: nel 2015 sono stati importati dall’estero solo 34 pellicole, con grossi controlli da parte della censura e mille permessi da ottenere da parte delle autorità governative. Per questo, quindi, anche Hollywood si sta piegando alle co-produzioni (pure il blockbuster Kung Fu Panda 3, per dire) e si avviano collaborazioni e accordi per riuscire a entrare con più facilità nel circuito cinese di quasi 40 mila sale cinematografiche (che saliranno a 160 mila nei prossimi 20 anni). L’Italia è tra i paesi europei più attivi in questo senso: in maggio è stato firmato un protocollo tra governi italiano e cinese per promuovere, nei prossimi tre anni, co-produzioni di film, documentari, serie tv e cartoni animati e per incoraggiare import-export di pellicole tra i due paesi. In settembre, invece, è nato il Sino-Italian film culture development fund, con una dote di 600 milioni di dollari (537 mln di euro) che alcuni investitori cinesi assicureranno in tre tranche nei prossimi cinque anni per sostenere e realizzare film italiani e cinesi e per comprare aziende della filiera cinema della Penisola.
C’è già qualche frutto concreto di questa collaborazione italo-cinese: il 13 ottobre esce nelle sale italiane il film Caffè di Cristiano Bortone, prima co-produzione italiana con la Cina (in particolare, è stata coinvolta China Blue), 2,5 mln di budget, e che verrà distribuito anche nelle sale cinesi come film nazionale e non come pellicola straniera: «Ed è uno status fondamentale», racconta Bortone, «poiché dei 34 film stranieri ammessi ogni anno in Cina, diciamo che 32 sono blockbuster americani, uno è magari un film francese, e quindi c’è spazio solo per un altro film internazionale. In sostanza l’Italia non aveva accesso a quel mercato. In questo modo, invece, riusciremo a distribuire nostri titoli in Cina, cercando di conquistare fettine di box office e di diritti tv, streaming, home video tramite accordi coi produttori locali. Fettine di un mercato enorme, e che quindi, per i nostri standard, rappresentano grandi opportunità».
Bortone, che ha appena fondato una sua società di produzione a Shanghai e che sta pensando al remake cinese di Buongiorno papà di Edoardo Leo, è anche co-fondatore e tesoriere dell’associazione Bridging the Dragon, piattaforma di business industriale per produttori, nata per unificare a livello europeo tutto quello che i vari stati continentali fanno a livello di accordi e di concessione fondi per il cinema verso la Cina. «Il fondo Sino-Italian, presentato a Venezia poche settimane fa», continua Bortone, «è solo uno dei tanti che potrebbe nascere. In Cina c’è molta liquidità, le borse scendono, il real estate anche, mentre sull’intrattenimento ci sono proiezioni importanti di crescita. Peraltro ci si è resi conto che nel 2016 i film cinesi hanno avuto un rallentamento al botteghino: ci sono fasce più ampie di pubblico che affina i gusti, che viaggia, servono nuove storie, nuovi registi, nuovi attori, e anche cinema di qualità. Quindi si guarda all’Europa e all’Italia. E ci sono ad esempio alcuni imprenditori cinesi che vorrebbero creare un fondo di investimento con Bridging the Dragon».
Sarà una lunga marcia, perché per la realizzazione di Caffè ci sono voluti tre anni (censura, autorizzazioni ecc), ma si può e si deve fare. E ci sono anche altri progetti italiani verso la Cina in fase avanzata, come il film di Alberto Simone, una commedia girata a Roma con protagonisti cinesi e ambientata nel mondo della gastronomia, oppure il fantasy Diver, prodotto dalla Al One di Alan Vele.