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 2016  settembre 30 Venerdì calendario

L’ultimo Harry Potter ha venduto centomila copie in un giorno

Non basta che sia un libro. Per vendere centomila copie in un giorno, deve essere qualcosa di più. Non basta che sia un libro: deve essere un oggetto magico. Il dato di vendite dell’ultimo Harry Potter è impressionante. Scuote e spazza via in sole ventiquattro ore l’apparente apatia dei lettori italiani.
Ci voleva un maghetto a risvegliarli; ci voleva un gioco di prestigio. Sì, certo, hanno contato la promozione a monte, le librerie aperte nel cuore della notte, addobbate a festa, l’atmosfera elettrica delle ore piccole, i brindisi con la burrobirra. Ma non è una spiegazione sufficiente: la saga di Potter ha catalizzato le emozioni di un paio di generazioni, forse tre, se contiamo i genitori che hanno letto ai figli, o li hanno visti leggere, emozionarsi, correre con la fantasia verso il binario 9 e 3/4. C’è chi, con Potter – prima sulle pagine, poi sullo schermo – è diventato grande, ha scoperto il tempo che passa. Peter Pan resta eternamente bambino, Potter cresce, cambia, si trasforma, matura. E forse una ragione in più per attendere «La maledizione dell’erede» – basato in realtà su un testo teatrale – è dare un’occhiata a come diventa il mago quando è adulto, con tre bambini a carico – costretto, insomma, come tutti, a diventare adulto. È come vedere portare una favola oltre sé stessa, oltre il punto in cui non è più tale: no, non è detto che tutti vissero o vivranno felici e contenti; non è nemmeno detto che la magia resti viva per sempre. Questo eroe a portata di mano soffre il tempo come lo soffriamo noi. Qualcuno che storce il naso, fra i lettori, naturalmente c’è: «Ce n’era veramente bisogno?», si chiede in rete un potteriano della prima ora, dopo aver confessato di aver (quasi) pianto di gioia alla notizia dell’ottavo volume. Il sequel non l’ha convinto, lo liquida come un’operazione di marketing. E tuttavia non bastano i sospetti, gli sbuffi, le delusioni a fermare un’onda tanto anomala nelle nostre librerie: la passione per la lettura si mescola a un feticismo allegro che si innesca solo in rare occasioni.
Solo ieri ho visto tre persone, nella stessa stazione ferroviaria, con il naso ficcato nel tomone giallo. La cosa mi affascina, forse mi commuove perfino, come ogni legame con ciò che non si vede (un’idea, una visione, un fantasma, un ricordo, un personaggio letterario). Non so se J.K. Rowling sia tornata sui propri passi solo perché il suo portafogli restasse gonfio. Ma non importa: resta a suo merito eterno l’avere dato forma a una comunità planetaria – globale, sì! – che, senza parlarsi, riconosce i segni di un’appartenenza. E il bello è che tutto viene dalla più maltrattata delle qualità umane: l’immaginazione. Continuate a immaginare, potteriani, restate a Hogwarts ancora un po’, restate quanto volete. E tenete viva un po’ di magia anche per chi non ha mai pensato, non ha mai saputo, che anche da grandi si può essere maghi.